“Adina” di Maria Teresa Valle


 

-Mamma, pronto, mamma, come va?
-Bene, come vuoi che vada? E tu?
-Io bene. Senti, passo stasera a farti un saluto, ok? Così parliamo un po’ di quella faccenda…

-Guarda che se vieni per parlare di quella fissazione che hai della badante non ti apro neppure la porta.
-Va bene. Non aprire la porta. Tanto ho la chiave….

-Lo sai come la penso..

-Mamma, guarda, ne parliamo stasera. Ora non posso stare al telefono. Riguardati. Ciao.

-Roberto. Roberto….Accidenti!

La vecchia signora posa la cornetta del telefono. È contrariata. Si mette a sedere al  tavolo della cucina e appoggia il mento  alla mano, con fare pensieroso. Il viso tradisce l’età con la fitta rete di rughe che si accaniscono ai lati della  bocca ed intorno  agli occhi. La figura si è come rattrappita rubandole alcuni centimetri di altezza. Macchie scure punteggiano la pelle delle mani.  Le articolazioni delle dita sono ingrossate e nodose. Tuttavia le palpebre sottili e quasi trasparenti,  si alzano su due occhi vivaci e attenti, nonostante la ridotta capacità visiva. A dispetto di quello che pensa il figlio se la cava ancora bene da sola,. Provvede alla sua igiene personale in modo scrupoloso e frequente. Indossa sempre abiti puliti e di colori chiari. Si lava i capelli spesso e si pettina con cura. Con una punta di civetteria ogni giorno mette due gocce di buon profumo, bagnando appena l’indice e passandolo dietro l’orecchio. Tiene pulita la casa e cucina per sé. Il figlio ogni quindici giorni fa la spesa per lei e aggiungendo le ordinazioni che lei fa per telefono, è autosufficiente.

Autosufficiente. Ecco quello che pensa la vecchia signora. E non capisce perché il figlio si ostini a dire che le serve una badante. Lei non ha bisogno di nessuna badante! Non le va l’idea di avere per casa un’estranea e da un’estranea  dover dipendere. È ancora in grado di badare a sé stessa.  Una lacrima di autocommiserazione scende sulla guancia scarna, subito scacciata con la mano, quasi fosse una mosca molesta.  Un moto di ribellione la fa scattare in piedi. Per prima cosa si farà un caffè, anche se il medico le ha proibito di berlo. Vada in malora il medico! Se lo farà bello forte, come piace a lei e lotterà per la sua indipendenza. Ecco cosa farà!

La nuova determinazione le dà conforto. Prende la moka e riempie il filtro con la  polvere di caffè. In un attimo dal fornello l’aroma si spande per tutta la cucina. La vecchia signora aspira quel profumo traendone forza. Ha già preparato la zuccheriera sul tavolo, vicino al piattino e al cucchiaino. Prende in mano la tazzina e cerca di vuotare il caffè. La caffettiera le sfugge e si rovescia sul fornello. Eppure era certa di averla afferrata bene. Uno schizzo di liquido bollente finisce proprio sulla sua mano. Per un attimo non sente nulla. Poi il dolore la colpisce come una scudisciata. Ma non è il bruciore alla mano quello che fa più male. È  l’umiliazione di non essere riuscita a fare  una cosa così semplice come versare un caffè. È  il dubbio che si insinua nella sua mente che il figlio abbia ragione. È  il sospetto di aver imboccato una via senza ritorno. È  la rabbia verso quel corpo che la tradisce. È   il timore che il figlio si accorga dell’incidente.  È la paura che ne approfitti per obbligarla ad accettare che una persona si prenda cura di lei.

Presto! Deve pensare cosa fare. Cosa si fa in questi casi? Cerca di concentrarsi. Ah sì! Bisogna mettere la mano sotto l’acqua fredda. Subito. E poi applicare una crema contro le scottature e fare un leggero bendaggio. Per fortuna nell’armadietto del bagno ha  quello che occorre. Poi bisognerà pulire tutto quanto. Il caffè si è sparso dappertutto. Sul fornello, per terra ed è colato in lunghe strisce marroni che scendono lungo la cucina a gas fino al pavimento.

È  mezzogiorno passato quando la vecchia signora termina di pulire la cucina. Si è stancata molto e l’appetito se ne è andato. Poco male. Ha sentito  la scienziata centenaria Rita Levi Montalcini dichiarare che a pranzo mangia solo una mela. “Se lo fa lei , pensa, posso farlo benissimo anch’io”. Sbuccia una mela. La taglia a piccoli pezzi. La mangia masticando meccanicamente, senza quasi sentire il sapore. Si siede sulla poltrona e si assopisce. Esausta.

Roberto suona il campanello e infila la chiave nella serratura senza aspettare che la madre apra la porta. È  determinato a farle accettare la sua irrevocabile decisione. Il suo trasferimento è irrinunciabile e imminente. Questo non gli ha lasciato scelta. Ha dovuto darsi da fare ed è stato fortunato. Ha trovato una bravissima donna raccomandatagli dal collega con cui ha più confidenza . Non è stato necessario spiegargli  la sua situazione. Ne avevano  parlato in più occasioni durante i frequenti viaggi di lavoro.  Il divorzio, le figlie ormai grandi, lontane, il trasferimento, la mamma anziana e sola. Il collega ha perso da poco il padre a cui è stata vicina Adina, una donna romena. Una brava donna, da anni in Italia. E ora è disoccupata.

-Mamma, sono io- grida Roberto entrando.

-Lo so che sei tu. Sei l’unico che ha la chiave.

-Mamma, cosa hai fatto alla mano?

-Niente. Una sciocchezza

-Fammi vedere. Non mi sembra una sciocchezza. Ti sei fatta male? Come è successo?

-Ma non è niente. Mi sono bruciata col caffè. Una disattenzione

-Senti, io non voglio approfittare di questo incidente per dimostrarti quanto tu abbia bisogno di qualcuno che si prenda cura di te, ma devi renderti conto da sola che non abbiamo scelta.

Per una buona mezzora Roberto espone le sue ragioni, l’impossibilità di rinunciare al trasferimento, la necessità di non lasciarla completamente sola e lontana da lui.

La madre esprime le sue perplessità, lei non è abituata ad avere estranei per casa e lui è sicuro di questa donna, con quello che si sente? È  così facile aver ragione di una vecchia indifesa. Un colpo in testa e via.

-Abbiamo solo due possibilità: vieni con me a Milano o resti qui con Adina. A te la scelta.

Adina prende servizio  un lunedì mattina di pioggia. Il cielo è grigio e fa freddo. La vecchia signora è di cattivo umore. Adina non le piace. Trova rozzo il suo grande corpo sgraziato. Ha i capelli in disordine, anche se puliti, e gocciolanti di pioggia. E la vecchia signora trova la sua presenza nella casa, insopportabile. Una specie di violazione. Prova un senso di diffidenza.  Lei non ha niente contro i romeni. Semplicemente si sente insicura, lasciata sola in balia di una persona che non conosce. Si sente debole, indifesa e vulnerabile.

Adina lavora con tranquillità, è calma e si muove con padronanza nell’appartamento. Sembra non accorgersi della freddezza della sua padrona. Ma rispetta il suo riserbo e sa occuparsi di lei con garbo e professionalità.

Entra ogni mattina e saluta la vecchia signora con calore.

-Buon giorno bella signora! Ho portato la spesa. Oggi cucino romeno, sei d’accordo bella signora?

-Sì, va bene- risponde asciutta. Quando Adina la chiama “bella signora” le viene voglia di strozzarla. Lo farebbe con le sue mani, se non si sentisse così debole, da qualche giorno. Chi crede di prendere in giro? E poi come si permette di darle del tu?

-Ora faccio un po’ di pulizia e poi mi metto a cucinare, va bene?

-Sì, sì, fai tu.

Per fortuna è una donna robusta. Sbriga le faccende di casa con cura e velocemente e nei pomeriggi siede assieme alla vecchia signora davanti al televisore. Adina ama le telenovele, che la vecchia signora odia. Non si sente di opporsi però. Adina le ha  detto  che non ha tempo per seguire i programmi televisivi a casa sua e allora che guardi pure quello che vuole, tanto a lei interessa poco. Lo fa  solo per passare il tempo.

-Quanti libri hai, bella signora! E quanta polvere! Li hai letti tutti?

-A suo tempo li ho letti. Ora mi stanco molto a leggere, ma lo farei volentieri.

Un pensiero improvviso attraversa la mente della vecchia signora e lo comunica alla badante.

-E a te piace leggere?

Adina si ferma un attimo, con lo straccio della polvere in mano. Guarda la vecchia signora in viso. È  la prima volta che le rivolge una domanda personale.

-Sono nata in un paesino di montagna. La scuola era lontana. Io ho fatto solo cinque anni. Quello che qui chiamate, mi sembra, “elementari”, ma mi piaceva tanto studiare. Io non ho potuto. I miei erano poveri. Mi piaceva leggere le storie. Per questo guardo volentieri le telenovele.

La vecchia signora si avvicina alla libreria, scorre i titoli  e poi estrae un libro dallo scaffale. Lo accarezza con la mano nodosa, con amore, e soffia via un po’ di polvere che si è depositata.

-Oggi pomeriggio, niente telenovela. Oggi pomeriggio si legge!- dice più a sé stessa  che all’altra.

La ciorbā è buona e calda. La vecchia signora l’assaggia con diffidenza, ma poi la gusta con piacere. È seduta in cucina con Adina e mangia con lei, ascoltando  per la prima volta con interesse la donna che racconta come si prepara quel semplice cibo. È  un piatto povero e Adina ne spiega lo scopo. La mattina la donna di casa mette la pentola con gli ingredienti sul fuoco, basso, basso, e poi va nei campi con tutta la famiglia. Quando tornano la zuppa è pronta. La donna la distribuisce  nei piatti con un grosso mestolo e mangiano tutti assieme. Adina parla della sua vita nel piccolo villaggio. La vecchia signora ascolta con curiosità.

Dopo pranzo mette nelle mani ruvide e rovinate di Adina il libro che ha scelto la mattina. Lei è confusa, in preda a opposti sentimenti.

-Aprilo e leggi ad alta voce – la rassicura la vecchia signora.

La donna tenendo il libro con le mani tremanti, comincia a leggere.  Dapprima con incertezza ed esitazione, che tradiscono l’emozione e l’ansia per la difficoltà di leggere la lingua italiana, poi con sempre maggiore chiarezza e sicurezza. Legge bene, per essere straniera. Ha una bella voce calda che ridà vita alle parole e stupisce la vecchia signora: “Sono passati molti anni, pieni di guerra,e di quello che si usa chiamare la Storia. Spinto qua e là alla ventura, non ho potuto finora mantenere la promessa fatta, lasciandoli, ai miei contadini, di tornare fra loro, e non so davvero se e quando potrò mantenerla. 

Adina è instancabile e non smetterebbe mai di leggere. Sul suo viso passano le emozioni trasmesse dalle parole. La vecchia signora ascolta assorta.

-Grazie, bella signora. Mi è piaciuto molto leggere per te. Domani ci sarà da stirare la biancheria e ..

-Adina?

-Sì?

-Domani pomeriggio leggeremo ancora, ti va?

-Certo, bella signora!

Strano, non le da più fastidio che la chiami “bella signora”. Non più.


Lascia un commento