"Donna" di Dario Villasanta


Donna. La chiamavano semplicemente così in casa e le amiche: Donna, da Donatella e da quel fare tutto suo che non ammetteva messa in discussione la sua vita. Non sapeva se era felice. Semplicemente non se l’era mai chiesto e, probabilmente, in quei giorni  non le importava neppure di farlo.
Era la settimana prima del Natale, l’ennesimo Natale fatto di feste che non voleva festeggiare ma a cui non sarebbe mancata per nessuna ragione al mondo, non sarebbe stato pensabile per l’equilibrio della famiglia e neppure desiderato. Suo marito Gabriele, un marito che aveva amato poco, ma rispettato molto si slacciava le scarpe da lavoro nel bagno come al solito, per non inzaccherare di calce e sabbia del cantiere tutta la casa. Però per Donna non sarebbe stato un problema nemmeno quello: era abituata a pulire tutto senza batter ciglio, ogni giorno e senza ferie, che se non altro quelle alla fabbrica di rossetti le concedevano ogni tanto, come da contratto.
Nel suo matrimonio non c’era niente come da contratto, per la semplice ragione che non c’era nessun contratto, nessuna garanzia, solo un tacito patto di rassegnazione reciproca a dividere lo stesso tetto, crescere i due figli piccoli (Mattia andava in prima elementare, Samanta in prima media) e impegnarsi a portare a casa dignitosamente la propria razione di pane. Nessuna domanda, nessuna risposta turbava la loro quiete, il loro frusciare piano sotto ai passi leggeri del tempo che scorreva via senza lasciare luci né ombre sulle loro vite e Donna, senza ambizioni e senza umori, che lavorava, fumava e guardava la TV.
Donna un giorno era al telefono mentre guardava la TV, parlava, o meglio ascoltava la sua amica che lavorava all’accettazione dell’ospedale e raccontava dei suoi amori mancati senza sfumature di eccitazione o di qualsivoglia delusione. Le venne in mente, a Donna, di chiederle del ritiro esami che avrebbe portato via troppo tempo alla sua noia irrinunciabile, camuffata da confortevole comodità.
“Lara, ma devo proprio venire fino all’ospedale a ritirare quei benedetti esami? Già non comprendo bene perché per una bronchite abbia dovuto fare tutto questo trambusto, figurati poi se devo anche assentarmi dal lavoro una mattina intera per una questione che poi, se vogliamo, si potrebbe ridurre a dieci minuti di entrata e uscita”.
“Donna”, che ti devo dire? E’ una rottura di palle e lo so, le file sono sempre lunghe qui, è vero, è un servizio mal gestito. Lo so io e lo sai anche tu “.
“Ma scusa, non puoi portarmela tu quando stacchi e me la metti nella casella della posta se non mi trovi? Ti do i soldi e una delega, qualcosa, lo si potrà ben fare no?”.
“No, direi proprio di no. O almeno non io, meglio un parente. Fai venire Gabriele no? Non sta mica lavorando nel cantiere qui vicino?”.
“Sì, ma se lo sa si preoccupa e, quel che è peggio, mi romperà le scatole con la storia che fumo troppo bla, bla, bla. Insomma sai com’è”.
“Mi spiace, io non me la sento proprio di fare una cosa del genere, cioè si potrebbe legalmente è vero, ma qui, insomma, fanno sempre un sacco di storie su tutto, mi farebbero una testa così”.
“Boh, allora chi se ne frega, per me possono stare anche lì dove sono questi esami. Tanto non ho niente. A meno che…”.
“Cosa?”.
“Lara, ascoltami però, insomma io, tu… Perché non fai una bella cosa?”.
“E cosa?”.
“Tu sei lì da sola adesso?”.
“Sì, perché?”.
“Senti, lo vuoi quel profumo che ti piaceva tanto per Natale? Te lo regalo io, se apri quella cazzo di busta e mi dici cosa c’è scritto dentro, così archivio la situazione e chi s’è visto s’è visto. Lo farai? Lo farai per me?”.
“Il profumo hai detto? Quello che sa di mandarino? Ooh.. magari…”.
Non fu questione di molte trattative, le due donne non amavano il mondo e neppure il mondo forse amava loro in quegli attimi, in quei mesi, in quegli anni. Non aveva senso trattarlo con rispetto, solo la quiete e la comodità di non avere pensieri ne erano meritevoli.
La decisione fu presa, sarebbe stato un piccolo e furtivo gesto distratto, una busta aperta con il vapore della macchina per il caffè che stava in ufficio da Lara. E il gioco, dopo averla incollata bene per richiuderla, fu fatto.
Ma pochi minuti dopo, nel tepore della casa confortevole di Donna, si levò all’improvviso una sferzata di vento gelata, un gelo che non veniva da finestre lasciate aperte o dalla porta che si apriva per far entrare Gabriele che tornava dal lavoro.
I bambini schiamazzavano nel salotto litigando per chi doveva fare prima i compiti, Mattia urlava a Samanta di ridargli il quaderno e di smetterla di fargli i dispetti, nulla di diverso dal solito che non fosse quel brivido ghiacciato che a Donna fece accapponare la pelle e la ammutolì quando udì, capì, dalla voce rotta dall’altra capo del telefono, che non sarebbe stata più della partita entro forse poco tempo. I polmoni sani, altre cose però no, macchie nere ombreggiavano minacciose e foriere di buio il suo ventre e il suo futuro prossimo.
Chiuse il telefono e si accasciò sulla poltrona di pelle marrone, gli schiamazzi dei figli sembrarono per qualche interminabile  minuto echi lontani che rimbombavano distratti nelle sue orecchie.
Ma ci pensò, Donna, ci pensò eccome. Avrebbe dunque lasciato non solo questo mondo, ma questa vita anche? Per un momento, per una ragione che non seppe spiegarsi, ne provò con sorpresa sollievo.
Chiuse gli occhi, trasse un profondo respiro e li riaprì allarmata: cosa si stava perdendo? Cosa si era persa in tutti quegli anni?
Le risposte non tardarono a sconquassarle il cervello, erano tante e tutte insieme, si sfogarono in lei dopo anni e anni in cui avevano giaciuto nascoste sotto uno strato di bugie e indolenza.
Guardò di nuovo i figli, ne sentì le voci e la terra, letteralmente la terra, quella sulla quale poggiava i piedi ogni momento senza farci caso, sembrò animarsi e considerò che girava come per magìa intorno a un sole che lei guardava e di cui godeva e le sembrava altrettanto magico.
Poi sentì il rumore del furgone di Gabriele, lui arrivò ed entrò dalla porta recando con sé il profumo frizzante dell’aria dicembrina che sapeva di neve e fresco, andò in bagno a levarsi le scarpe e Donna in automatico preparò scopa e paletta per pulire.
La cena da preparare e i biglietti di auguri per Natale non potevano aspettare, i figli da accudire tanto  meno,  neanche lei e le sue ombre nel ventre: le esigenze non ammettevano discussioni. E per Donna fu un attimo decidere, lasciarsi decidere che non sarebbe cambiato nulla anche se era cambiato tutto e avrebbe continuato a lavorare, a fumare e a guardare la TV.


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