“Iris White” di Giulia Corda


Iris White era una ragazzina di dodici anni normalissima. O almeno questo era ciò che credeva lei.
Aveva dei capelli mossi chiari del color del grano maturo, che, spesso raccolti in una graziosa treccia, accompagnavano ondeggiando ogni suo minimo movimento; un nasino all’insù punteggiato di lentiggini spuntava regalandoti un sorriso, guance color rosa pesca mettevano in risalto la sua pelle chiara e le sue sottili labbra rosate.
Dovunque andasse lasciava un soave aroma di camelia, molto piacevole da inalare; ma l’elemento più particolare erano i suoi occhi: di un color ambrato, davano l’impressione che stessero bruciando. Se ti capitava di incrociarli, era quasi impossibile distogliere lo sguardo.
Iris andava in una scuola pubblica. Non che i suoi genitori fossero poveri, ma semplicemente avevano deciso che potevano spendere i soldi per cose più importanti.
La scuola si chiamava “Paese istruito”; il primo giorno di scuola a Iris non piacque quel nome: pensava che sarebbero stati tutti severissimi e che lei si sarebbe sentita a disagio,  invece trovò subito delle amiche e i professori si rivelarono molto gentili.
Era una bellissima ragazza, infatti tutti i ragazzi impazzivano solo a guardarla; ovviamente, lei non lo sapeva, anche se le sue amiche credevano che fosse impossibile non notare che le sbavavano addosso.
Le amiche  si chiamavano: Laura, Sophie, Jasmine e Katya. Erano tutte di nazionalità diverse, ma nonostante questo,  o proprio per questo, erano inseparabili. Insieme si divertivano a parlare di ragazzi, si rivelavano i segreti più profondi, si passavano i compiti a vicenda, studiavano insieme, si suggerivano durante le verifiche…insomma, la loro vita scolastica non poteva essere più tranquilla.

 

Invece, in un’altra dimensione, dentro una casettina di argilla nel sottosuolo, Kojak il Pavongatto, che stava frugando dappertutto in cerca di qualcosa, non poteva essere più agitato: ”per mille vibrisse piumate!!! Dove diavolo…?”
BONK! Si sentì un grosso tonfo: “Miao… ma perché tutte a me devono capitare?! E dove caspita è la Pietra dell’Anima??? Se non la trovo sono nei guai…”.
Dopo svariati minuti esclamò esultante: ”oh, puff, meno male, pant, eccola qui. Se l’avessi persa il capo me le avrebbe suonate…miao ora devo sbrigarmi, o perderò la Cerimonia di Ricongiunzione…”
A quel punto Kojak si precipitò fuori dalla porta e risalì il tunnel che lo avrebbe portato in superficie. Nella foga, però, inciampò in una tana di Lombruco, dalla quale  spuntò fuori una piccolissima testolina pelosetta e imbronciata, che esclamò con una vocina sottilissima:” acciverme!!! Stai attento o prima o poi mi sepellirai vivo!!” e se ne tornò sottoterra.
Il Pavongatto si disse:” Miaoooo!!! Non posso permettermi di perdere altro tempoooo!!!!” e  corse il più veloce possibile con le sue zampette da pavone.
Attraversò fiumi incantati e pianure viventi e in qualche decina di minuti arrivò all’Altare del Dire e del Fare, dove si sarebbe tenuta la cerimonia. Appena lo vide, il Grande Sacerdote, Jaldev l’Elefarfalla, si mise a brontolare: ”oh! Kojak, alla buon’ora!! Ancora un po’ e avrei cancellato la cerimonia!! Comunque, tra poco sarà il tuo turno. Adesso è il turno di Diamond, la piccola, ma non troppo, Volpicorno.”
A quel punto il Pavongatto la guardò: successe qualcosa di magico, che non aveva mai provato; del resto aveva solo un cardor virgola due, che nella sua lingua sono dodici anni. Kojak rimase lì imbambolato a chiedersi cosa fosse successo.
Ad un tratto il Grande Sacerdote lo riscosse dai suoi pensieri:” forza, tocca a te.”
Il Pavongatto era emozionatissimo, tanto che per un attimo pensò di non riuscirci, ma poi si fece forza pensando a Diamond, che lo stava guardando. Si posizionò al centro dell’altare, prese in mano la Pietra dell’Anima e si concentrò: un fascio di luce si sprigionò dal suolo, e la pietra si sollevò in aria,  si divise in due parti e tra esse si formò l’immagine di una ragazza dai meravigliosi occhi ambrati.
Il sacerdote esclamò: “mooolto interessante… mhmhmhmhmmmmm….” L’Elefarfalla continuò a mugugnare per almeno altri dieci minuti, poi Kojak sbottò e chiese: ”Miao allora????”
Jaldev lo guardò malissimo, poi si addolcì, sorrise ed esclamò, raggiante: “Iris White.”

Continua…


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