"Vorrei solo vederti morto" di Elisabetta Miari


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Uno. Due. Tre.
Un passo alla volta.
È così che si dimentica, mi hanno detto. Le  persone forse, gli amori. Non le situazioni, gli spaventi grossi.
Da quelli non ci si riprende più. Rimangono dentro di te a pulsare per tutta la vita, a ricordarti che sei stata fortunata ad uscirne illesa, ma che potrebbe sempre ricapitarti.
È da un anno ormai che i miei nervi e il mio cervello sono compromessi, dal giorno in cui hai deciso di dirmi la verità, di farmi tua complice. Questo sono diventata, da quando mi hai fatto parte del tuo segreto terribile, non essendo una delle tue vittime.
Una complice non consenziente, che non approva le porcherie che hai fatto, che fai e che farai, ma che non può parlare se vuole rimanere viva. E che non parlando quindi sostiene, controvoglia, la scia di falsità, pubbliche e private del personaggio che hai costruito, molto lontano da quello che sei veramente.
Che assiste inerme alla tua ipocrisia e faccia tosta, accentuate da un egocentrico bisogno di mettere sempre in mostra la vita che hai costruito sulla menzogna, il tuo castello di carte, che un giorno cadrà. A fregarti saranno proprio la tua vanità e il tuo bisogno di conferme.
E quando cadrà, perché questo succederà prima o poi, quando la fortuna o il Diavolo, chi lo sa, non aiuterà più la tua audace finzione, cosa farai, dove scapperai?
Ma non ci sono solo io che copro con l’omertà i tuoi crimini. Altre vittime illese fanno lo stesso, in modo minore. Loro sono vere vittime, anche se vive, perché si sono fatte irretire da te, dalle tue parole di serpente, innamorandosi. Nessuna di loro ti conosce come me, sarebbero troppo spaventate dal tuo animo corrotto per credere ancora alle panzane con cui le imbonisci. Hai vita facile con loro, sono stupide e vogliono sentirsi raccontare che non sei un mostro. Ma tu lo sei, e neanche tanto perché uccidi le persone, ma perché prima di farlo le vuoi usare, manipolare.
Questa è  la cosa peggiore, ingannare una donna prima di ucciderla. E poi questo tuo vezzo di sostituirti a Dio e decidere chi deve morire e chi invece resterà viva, nella tua cerchia, complice silente e spaventata, ad assistere alle tue gesta vanagloriose…non sei il Padreterno, sei solo un piccolo uomo, attraversato da una vita che non merita e che si è arrogato il diritto di decidere delle vite altrui e di plagiare quelle povere anime semplici che te lo permettono, quasi tutte in pratica. A parte me. Con me non ti è mai riuscito.
E anche se fingi che non ti importi, ti sono rimasta lì, come un osso di pollo di traverso in gola, a ricordarti il tuo più grande fallimento. Io non ho mai ceduto alle tue macchinazioni, non sono mai stata lusingata dalle tue bugie e non ho mai provato amore per te. Adesso preferiresti avermi fatta fuori, non avresti più questa presenza scomoda nell’ombra,  ma ti hanno fregato i sentimenti, o perlomeno quella debolezza che ti ha sempre reso mio schiavo e non mio padrone.
Mi hai incatenata al silenzio, ma non sei riuscito a penetrare dentro di me, come hai fatto con le altre. Sei  solo riuscito a sporcare e rovinare la mia vita per un certo periodo e continui ancora ad avvelenarla con il tuo segreto, che devo custodire, ma che vorrei urlare al mondo intero.

Per questo, quando penso che non dirai mai la verità, che non pagherai mai per quello che hai fatto, sono presa da un odio così forte, che vorrei solo vederti morto.


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