Ore 17,00
Il cielo già grigio si sta rapidamente scurendo, ma le tenebre non riescono ad annidarsi totalmente negli angoli abi- tuali: l’illuminazione pubblica ha trovato da alcune settimane un potente alleato negli addobbi natalizi che sfavillano ovunque e nei fari delle auto che colmano le vie del centro.
All’Acquasola un’Alfa bianca, condotta da un corpulento brigadiere dei carabinieri, prende a bordo Corradi, uscito dal Tribunale dei Minori dopo un colloquio con un magistrato, e si mette in movimento.
Sta dirigendosi velocemente in corso Podestà quando il maresciallo, voltata di scatto la testa all’indietro, ordina: “Fermati Mariano”.
Il suo braccio destro accosta immediatamente l’auto priva di contrassegni e l’investigatore apre la portiera e balza fuori, rimanendo immobile a guardare in direzione di piazza De Ferrari.
Incuriosito scende anche il brigadiere che, seguendo lo sguardo del superiore, nota a sua volta la sagoma scura immobile oltre l’inferriata che sormonta la spalliera del Ponte Monumentale.
Ore 17,13
Mezzi delle forze dell’ordine hanno bloccato gli accessi a via XX Settembre, paralizzando quasi totalmente il traf- fico nelle strade adiacenti.
Sotto l’imponente struttura che scavalca il centro gli occhi dei curiosi che affollano i marciapiedi si spostano dai pompieri che stanno freneticamente tendendo un ampio telo alla figurina che, oltre venti metri più in alto, sembra di pietra, non fosse per i capelli biondi che la brezza muove appena.
Sul marciapiede, a un metro da lei, Corradi è anch’egli immobile, le mani nelle tasche del giubbotto, un bastonci- no di liquirizia tra i denti.
Ogni tentativo di instaurare un dialogo con quella ragazza si è rivelato inutile; anzi, il maresciallo era rabbrividito quando, alle sue insistenze, lei aveva lasciato per qualche attimo l’appiglio a cui si reggeva debolmente, e la sua schiena si era impercettibilmente spostata verso il baratro.
“Faccia come crede: io me ne vado”. Si congeda e, retrocedendo verso l’auto, si accosta al suo braccio destro.
Anche l’area circostante è stata delimitata.
I due uomini sono uno di fronte all’altro, i volti preoccupati illuminati dalla luce intermittente blu dell’ambu- lanza fermatasi accanto all’Alfa di servizio.
Corradi si toglie il recanisso dalla bocca: “Avvisa Clerici, che venga subito”.
Ore 17,21
La ragazza in bilico sulla balaustra, le dita strette sullle sbarre dell’inferriata, si è seduta sui propri talloni, la testa chinata in avanti: sembra un tuffatore in procinto di lanciarsi.
La folla che si è radunata al di sotto rumoreggia, si dà di gomito, commenta; qualcuno piange, altri pregano, la maggior parte si gode lo spettacolo gratuito e inaspettato… ragazzini scattano in continuazione foto con il cellulare.
Corradi, più sopra, passeggia nervoso imprecando, quando, velocissimo, arriva uno scooter metallizzato che, superato il posto di blocco, inchioda a un passo da lui.
Ne scende una donna piuttosto robusta, che immediatamente si toglie il casco rivelando due occhi vivaci in un viso irregolare ma piacevole contornato da lunghi capelli rossi.
“Quanto cazzo ci hai messo?” la aggredisce il maresciallo.
Lei guarda sorridendo l’orologio, poi torna a fissare l’irascibile collega, senza rispondere.
Quindi gli fa un gesto interrogativo.
Anch’egli non parla, ma si china imitando la posizione assunta dall’aspirante suicida, segnalandola con il dito.
La negoziatrice emette un profondo respiro, quindi si avvicina al punto che le è stato indicato.
Ore 17,23
“Non sei scomoda lì appollaiata?”. La nuova arrivata domanda con voce calma.
La ragazza in pericolo di vita rimane immobile, come non avesse sentito.
La negoziatrice si appoggia con i gomiti alla balaustra, apparentemente rilassata… il suo sguardo professionale mi sura la distanza che la separa dalla testa bionda appena avanti a lei, poi spazia al di sotto, alle auto rosse dei pom- pieri, quelle bianco/blu dei vigili urbani e della polizia, a un furgone della RAI, alla piccola folla accalcata sotto i portici, in ultimo al gigantesco abete carico di luci colorate in piazza De Ferrari.
“Sai perché hanno chiamato me?”. Indifferente alla mancata risposta il carabiniere prosegue: “No eh? Beh, nemme- no io. Veramente. Sono da poco smontata dal servizio, stavo per iniziare una banalissima antivigilia di Natale. Quan- do ho ricevuto la telefonata ero intenta a lavarmi i capelli.
Non li ho potuti asciugare… e ora ho freddo. Tu non lo senti?”.
Un piccolo sussulto scuote appena la nuca della ragazza.
“Sì, scommetto che hai freddo. Freddo e paura. Se fossi al tuo posto morirei per lo spavento. Non sopporto il vuoto, non prendo nemmeno l’ascensore. Mi sono scelta una casa al piano terreno, col giardino. Perché non sopporto l’altezza… ma anche perché ho due gatti, che adoro. Li ho trovati cinque anni fa”.
La giovane non dice nulla, ma lentamente si tira su, rimanendo ritta come un soldatino, le spalle appoggiate alla griglia.
“Vuoi sapere dove?”.
La testa bionda si muove lievemente, assentendo.
Un leggero sorriso appare sul viso della negoziatrice
mentre inizia a raccontare: “Ero scomodamente acquattata, un po’ come te poco fa, sotto un archivolto angusto e buio nel centro storico, a fare la posta a uno spacciatore”. Si interrompe e chiede: “Tu non ti droghi vero?”.
Di nuovo la testa si muove, negando.
“Bene… ma dove ero arrivata? Inizio a perdere colpi”. Poi tace.
“Spacciatore” le suggerisce la voce sottile della ragazza a pochi centimetri da lei.
“Ah sì, grazie… ero lì da ore, non sentivo più le gambe, la circolazione bloccata”.
La donna si interrompe per qualche attimo, poi: “Vorrei una sigaretta e nella fretta non le ho prese… tu ne hai?”.
“Io non fumo”.
“Forse inizio a capire perché ti trovi lì…”. E guardan- dole un po’ invidiosa il fisico asciutto: “Ti sei sempre pri- vata di tutto!”.
Ridendo si gira e chiede agli astanti: “Avete una sigaretta?”.
L’autista dell’ambulanza si avvicina e ne estrae una porgendola alla donna, che, dopo averla accesa, prende dalle mani dell’uomo l’intero pacchetto facendoselo sparire in tasca.
Aspirata un’avida boccata domanda: “Dov’ ero arrivata?”.
“La circolazione bloccata” risponde la ragazza in un sussurro.
“Come?”.
“La circolazione bloccata” ripete la ragazza, volgendo appena il viso verso destra.
“Ah sì… ma come siamo carine, veramente… ma scusa, a te interessa il racconto”. Aspirata un’altra boccata il carabiniere prosegue: “Ero lì quando ho sentito un rumore accanto a me. Sono rabbrividita, pensando a un topo; mi so- no appena girata, come te prima, e mi sono resa conto che il rumore proveniva da una piccola scatola di cartone. Vin- to il ribrezzo l’ho dischiusa, e dentro…”.
“Hai trovato i gattini” la interrompe la ragazza.
“Esatto, erano in tre, piccoli e deliziosi, che qualche stronzo aveva buttato via”. Fatto un ultimo tiro alla sigaretta la negoziatrice la getta e prosegue: “In quel momento dal portone è uscito il mio uomo che, dopo essersi guarda- to intorno, è tornato per un attimo dentro per riuscire subito con un pacchetto, che ha sistemato sotto la sella di una moto. Vi stava montando sopra quando sono sbucata a fatica dal mio nascondiglio, un gattino in una mano e la pistola nell’altra, gridando fermo, carabinieri”.
Un lungo sospiro interrompe per un attimo il discorso, poi: “Ma non si è fermato, ha estratto un’arma anche lui, e ha fatto fuoco… io ho risposto quasi simultaneamente”.
“No, l’ho solo ferito… il mio collega è arrivato di corsa dall’altro angolo, e si è trovato di fronte a me e allo spac- ciatore, entrambi coperti di sangue”.
“Eri stata colpita anche tu?”.
“No, aveva centrato il micio che tenevo nella mano snistra e io, per proteggerlo, lo avevo automaticamente portato al petto, sporcandomi tutta”.
“Si è salvato?”.
“Quel bastardo sì, il gattino ovviamente no… ma ho adottato i suoi fratellini. E sai come li ho chiamati?”. E, senza attendere risposta: “Ero e Coca, ecco come li ho battezzati… ma quei tempi sono finiti… quelli sulla strada in- tendo… ora faccio un lavoro più tranquillo, quasi sempre in ufficio”.
La negoziatrice tace, estrae un’altra sigaretta dal pacchetto e la accende.
Dopo un paio di tiri: “E tu?”.
“Io cosa?” risponde la ragazza.
“Che razza di esperienze hai avuto?”.
La giovane torna a girarsi, questa volta lasciando un appiglio per vedere quasi in faccia la sua interlocutrice: “Nor- mali”.
“Normali? E per che cazzo allora io sto al di qua e tu al di là di queste sbarre?”.
“Non credo la cosa ti interessi”.
“A no? E secondo te perché allora te lo chiederei?”. “Perché non vuoi che mi butti di sotto”.
“Molto acuta come osservazione, complimenti… e hai perfettamente ragione, non voglio che tu ti butti di sotto. E sai perché?”.
“No”.
“Perché non ne vale la pena, qualunque cosa ti spinga a farlo”.
“Intanto lo farò comunque, non riuscirai a convincermi”.
“Bene, ne prendo atto… ma almeno dimmi perché lo farai, così, quando spiccherai il volo per la gioia di tutta quella gente che si è radunata lì sotto non mi dovrò arrovellare sul motivo”.
La ragazza tace e torna a girarsi verso il vuoto, le mani tremanti strette sulle sbarre.
“Un uomo eh?” domanda la donna alle sue spalle.
“Sì, un uomo” si sente rispondere dopo un attimo. “Senti, e scusa se mi permetto, ma una come te, giovane e bella…”.
“Non dirmi le stronzate che tirano fuori le mie amiche, che posso trovarne finché voglio: io voglio lui”. “Ma lui non vuole te, giusto?”.
“No, mi vuole eccome”.
“E allora non capisco, scusa, ma…”.
“È sposato”.
“Sposato? Oggi come oggi non mi sembra sia un problema, c’è il divorzio…”. Al silenzio della ragazza, il carabiniere prosegue, quasi maligna: “Non vuole separarsi eh?”.
“Non lo so… dice di amarmi, mi copre di gentilezze, si occupa di ogni mia anche piccola esigenza…”.
“Ma intanto non lascia la moglie”.
“Mi ha detto cento volte che lo farà, ma ogni volta tro- va una scusa per non parlarle… e così…”.
“E così?”.
“E così da tre anni e mezzo: natale, capodanno e tutte le altre feste comandate da sola come un cane”.
“Ti potrei cedere Ero per qualche tempo: è affettuosissimo, si accoccolerebbe sul letto con te e farebbe le fusa”.
“Molto gentile, ma nel letto preferirei avere lui”.
“Ah sì? Si vede ne vale la pena…”.
“Puoi dirlo… l’abbiamo fatto nei modi più diversi e nei posti più strani, ci divertiamo a contarli… ma non abbia- mo mai dormito insieme una notte intera”.
“Beh, forse ci hai guadagnato: magari russa”.
La ragazza si sposta rapidamente di qualche metro, camminando pericolosamente sulla balaustra.
“Ehi, che cazzo ti prende?” grida la negoziatrice raggiungendola subito.
“Vattene, mi voglio buttare. Basta”.
“Ma cosa dici?”.
“Voglio lui, lo voglio tutto per me, specie ora che…”. “Ora che… cosa?”.
“Aspetto un bambino”.
Il carabiniere tace per qualche attimo, poi chiede: “Lui lo sa?”. “No”.
“Ha già dei figli?”.
“No”.
“E perché non glielo hai detto?”.
La ragazza si muove di nuovo rapidamente fino quasi al limite del ponte, i pompieri che si affannano a spostare il telo.
La donna la raggiunge nuovamente: “Vuoi farmi dimagrire?”.
“Vattene, è inutile”.
“Inutile? Secondo me se lui sapesse che sei incinta e quello che stai rischiando si inginocchierebbe qui, pregandoti di scendere”.
“Ma non farmi ridere”.
“Scommettiamo? Chiamalo, se viene scavalchi e ti prendo a calci nel culo, se no… ti butti”.
La ragazza rimane in dubbio. “Allora?”.
“Non lo voglio chiamare”.
“Allora lo faccio io, dammi il numero”. “No”.
“No”.
“Lo chiamerò comunque, una volta che tu sarai spiaccicata là sotto, la testa esplosa come il terzo gattino… lo chiamerò e magari lui si dispererà, e si butterà anche lui, così sarete felici e contenti nell’aldilà. O forse no, sarà contento e stapperà una bottiglia per festeggiare… in ogni caso avrai la dimostrazione che non ne valeva la pena, non credi?”.
La ragazza rimane palesemente perplessa, poi si sposta nuovamente di qualche metro, per evitare visivamente il cerchio teso più sotto.
“Hai finito di scappare avanti e indietro?”.
La giovane spara velocemente un numero spostandosi di nuovo, la negoziatrice lo compone rapidamente, seguendola, poi, prima di dare l’impulso di invio, raggiunge la ragazza, lascia cadere il cellulare e allunga entrambe le braccia al di là dell’inferriata. Le dita aperte urtano la schiena della biondina prima di richiudersi a pugno come ad afferrare la stoffa della sua giacca.
La malcapitata vola di sotto senza un grido, andando a cadere poco al di fuori del telone dei pompieri.
La negoziatrice, le mani tese sul vuoto, appoggia la fronte alle sbarre.
Corradi le si precipita al fianco e, stringendole paternamente una spalla: “Mi sono reso conto da subito che la situazione era disperata, tu hai fatto il possibile… Clerici, mi senti? Clerici…”.
La donna rimane immobile, non sente nulla.
Nel suo cervello rimbalzano le cifre di quel numero di telefono: il cellulare di suo marito…