“Il nome della notte” è un libro che in una sbrigativa catalogazione potrebbe essere definito un noir. In realtà è molto di più: “è un romanzo di ottimo impianto narrativo descrittivo – attento all’indagine psicologica e sociale dei diversi attori della vicenda” (A.I. Epancina, La Rivista Intelligente).
Il titolo vuole essere un omaggio a un’opera che compie quasi cinquant’anni, A che punto è la notte, di Fruttero e Lucentini. Che nome dare, oggi, alla notte delle nostre coscienze? A che punto siamo arrivati?
Nel romanzo viene delineato un quadro sufficientemente ampio dell’Italia di oggi. La vicenda, ambientata interamente a Monza, trae i suoi prodromi dall’omicidio di una prostituta, e appare sin da subito estremamente complessa. Man mano che l’inchiesta si allarga, cresce l’amplificazione mediatica, divenendo un caso che ognuno cavalcherà per propri interessi: mafie locali e mafia nigeriana, un misterioso gruppo xenofobo, un magistrato ambizioso, giornalisti senza scrupoli, politici interessati a smorzare o ad amplificare il caso. Solo a un anomalo vice questore – senza un passato scomodo alle spalle, senza complicazioni sentimentali e innamorato della propria famiglia – interesserà davvero dare giustizia alla giovanissima prostituta brutalmente uccisa. È inutile dire che non mancheranno le sorprese e un colpo di scena finale.
Dietro a queste pennellate nere, come la pelle della vittima e come la notte che la avvolge e la inghiotte, che si insinuano come coltellate inattese in uno stile ironico e pungente, si scorge la mente raffinata e tagliente dell’autore, avvezzo all’osservazione e al pensiero indipendente (A. Selmi, Il Cittadino)
Edizione Ex Cogito – Voluminaria rosso 2017 – pag 252 – € 13,60 – EAN: 9788899499181