A est del blue c’era una casa, costruita su di una spiaggia deserta. L’unico rumore che si sentiva era quello delle onde che stancamente abbracciavano gli scogli. I gabbiani volavano in lontananza e disegnavano nel cielo mute figure geometriche, seguivano le correnti irregolari si divertivano a rimanere a mezz’aria, in stallo.
I piedi erano nella sabbia calda, i granelli sfregavano tra le dita e s’infilavano sotto le unghie. Le cosce bianche si erano arrossate dopo il primo pomeriggio di sole, anche le guance erano diventate rosee e pizzicavano un po’.
Pensavo al motivo che mi aveva portato lì, a est del blue. Sorridevo immaginandomi percorsi paralleli, ragionavo su quello che sarebbe stato se non fossi venuta, se avessi risposto al telefono, se avessi aperto la porta, se mi fossi fermata.
Invece seguii il richiamo del blu. Lasciai tutto e corsi su questa spiaggia, di fronte all’oceano, all’imbrunire, senza ascoltare alcun consiglio, senza ragionare e poi pentirmi. Ricevetti quest’invito e scelsi di accettare. Fui a est, in un posto nel quale nessuno voleva venire, in un luogo che per quell’attimo fu solo mio. In un momento nel quale si osserva ciò che si ha attorno, senza filtri, senza parole. Privi di pensieri si socchiudono gli occhi e si respira a pieni polmoni. Immaginando il blu, inalandolo fino a che raggiunge il cuore e prende le tonalità del viola.
Appoggiando le mani sul volto per nascondere un sorriso che, per oggi, non fu visto da alcuno.