Con certe temperature rigide, così insolite per Genova, una tazza di cioccolata calda riesce sempre a scaldarti il cuore.
Del resto, i genovesi non sono abituati: un popolo di marinai che insegue il sole e che non può vivere lontano dal mare, mal disposti a sopportare il freddo che si infila, come una mano gelida, sotto il collo della giacca, il vento che frusta il viso e il grigiore che appanna il cammino.
Il Maresciallo De Scalzi entrò nel bar con il dottor Tancredi Maria Tulipano, da poco arrivato da Venezia, per esercitare l’incarico di Medico legale presso il Dipartimento della città. Pur conoscendolo da poco, aveva capito che il Dottore era davvero un uomo in gamba, simpatico, estroverso e con una sensibilità fuori dal comune. Negli ultimi tempi, loro due cercavano di ritagliarsi degli spazi per una chiacchierata che non fosse solo di lavoro.
Per il Maresciallo, l’evidente omosessualità di Tulipano era un particolare poco rilevante, equiparabile al colore dei suoi occhi, azzurro ghiaccio. In caserma le battute si erano sprecate, ma il fuoco delle malelingue ha bisogno di ossigeno per rinvigorire e De Scalzi aveva provveduto in tempo ad asfissiare gli imbecilli.
Il locale era affollato di clienti incappottati, insciarpati, inguantati, alcuni con l’ombrello al seguito, posato di sghembo a intralciare il cameriere durante il servizio ai tavoli. Il suono grave, ma potente della voce del barista e delle sue risate sguaiate sovrastava il baccano del bar: la musica di sottofondo che proveniva dal televisore appeso ad una parete, il chiacchiericcio dei clienti, il tintinnio dei cucchiaini nelle tazze, le battute di un gruppo di adolescenti seduti in fondo alla sala e lo scampanellio delle slot machine.
«Tancredi, questo freddo ti fa un baffo, abituato alla bora della Serenissima» scherzò De Scalzi.
«Il clima ligure mi piace molto, non sono costretto a vestirmi sempre come un palombaro e posso anche permettermi i mocassini a Dicembre.».
Il cameriere arrivò con due tazze fumanti di cioccolata, densa, scura e paradisiaca, il cui aroma stuzzicò le ghiandole salivari del Maresciallo; con il primo sorso quasi si scottò. Tancredi ringraziò il giovane cameriere con un sorriso: «Grazie caro.».
Appena il ragazzo ritornò al bancone, le risate sguaiate del barista aumentarono di volume, coinvolgendo i due dipendenti e tre clienti seduti sugli sgabelli. Tutti guardavano verso il tavolo del Maresciallo.
«Se torni a quel tavolo, non girarti di schiena e, soprattutto, non ti chinare. Ahahahah» e giù a ridere, come dei trogloditi.
De Scalzi si imbarazzò, posò la tazza e lanciò un’occhiata fulminante al barista, un misto di sbalordimento, indignazione e collera.
Tancredi continuava a bere la sua cioccolata come se quella battuta infelice e quelle derisioni da cretini non fossero rivolte a lui.
«Massimo non ti arrabbiare, non ne vale la pena; purtroppo io mi sono abituato», disse con voce tranquilla il medico, voltandosi verso il gruppetto di decerebrati e, sorridendo loro provocatoriamente, si tirò indietro con un gesto della mano lento e sensuale il suo lungo ciuffo di capelli.
«Come è possibile che al mondo esistano ancora persone di questo genere?» gli chiese De Scalzi mortificato.
Tancredi Maria iniziò il suo racconto: «Quando ero molto giovane, i miei coetanei non si limitavano a ridere di me e a fare battute maligne, usavano la forza. Mia madre mi ripeteva, ogni volta che tornavo a casa ammaccato, che dovevo portare pazienza e soprattutto mi ammoniva a non rispondere alla violenza con altra violenza, per non abbassarmi al loro livello. Per tanti anni le ho dato ragione, ho seguito il suo consiglio, pensando che fosse la reazione più giusta e accettando questo suo modo di proteggermi. Quando sono cresciuto, invece, ho scoperto che un pugno ben dato può risolvere molte situazioni, di certo è servito per farmi sentire più sicuro di me, al punto da far stoppare le angherie nei miei confronti. Da adulto è stato sempre più facile non dare peso a comportamenti di questo tipo: non posso cambiare il mio modo di essere e tanto meno far rinsavire gli stolti.».
De Scalzi non riuscì ad aggiungere altro a questo stralcio di sofferenza giovanile. Continuando a sorseggiare la sua cioccolata rifletteva sulla cattiveria gratuita degli omofobi. Il rapporto sessuale libero e consenziente è un atto d’amore. E l’amore non ha genere. Le preferenze personali riguardano una sfera talmente intima da essere immuni dal giudizio altrui.
Il Maresciallo si alzò per andare in bagno, prese il suo cellulare dal tavolino e se lo mise in una tasca dei pantaloni. Quando ritornò al tavolo, la conversazione prese un’altra piega, dopo una mezz’oretta decisero di uscire e farsi abbracciare dal vento gelido di Corso Italia.
De Scalzi, seguito da Tancredi, aprì la porta del bar, cedendo il passo a due uomini.
Ci fu uno scambio di sguardi tra il Maresciallo e l’uomo più vecchio dei due, una strizzata d’occhio in segno d’intesa.
Il più giovane si avvicinò al bancone e disse: «Buongiorno…Carabinieri NAS, potrei parlare con il titolare?».
Il dottor Tancredi Maria Tulipano soffocò una risata e cercò lo sguardo di De Scalzi, che compiaciuto, sentenziò:
«Caro amico, ognuno contrattacca con le proprie armi. Ride bene chi ride ultimo.».