PARTE SESTA: I METALLI.
Mercurio e piombo non riescano ad essere espulsi dall’organismo
Dal risultato di alcuni esami di laboratorio si possono definire cure specifiche, al fine di ricostruire il loro delicatissimo equilibrio. Ad integrazione vengono somministrate delle terapie comportamentali (ABA) stimolazioni sensoriali e logopedia.
Il professore visita vicino a Venezia e la visita è fissata. Il professore fa alcune domande e prescrive la ricetta, la lista degli alimenti possibili e gli integratori da somministrare. Spiega con tutta sincerità che si devono ottenere dei risultati già dalla prima settimana di somministrazione e che se ciò non fosse accaduto bisognava sospendere la dieta. Uno sforzo alimentare come questo senza risultati visibili, sarebbe stato del tutto inutile. Sì, se funziona, funziona subito, altrimenti non ne vale la pena. Difficoltoso per me da sola!
Affrontare il viaggio e le successive visite è pesante , ma mi piace pensare di non lasciare niente di intentato. La lista è lunga e gli orari si devono rispettare e l’ultimo paziente accompagna il dottore all’aeroporto.
Con la dieta in mano parto con l’acquisto degli ingredienti.
Preparo il pane che viene fatto in casa con una farina senza glutine. Il preparato arriva dall’Australia via Roma, si mischia all’acqua ed al bicarbonato per la lievitazione; infatti i lieviti non sono ammessi. Maria mi guarda, io inizio a parlarle della dieta e del fatto che poi starà molto meglio con questo pane.
Lo guardiamo, il pane è nel forno, sono molto emozionata, non so come andrà ma intanto lievita come la mia speranza.
Ho acquistato altri prodotti tutti senza glutine, senza zucchero, senza latte, senza lievito. Lo zucchero lo sostituisco con lo xilitolo, la farina con il grano saraceno, il prosciutto lo acquisto senza glutine e senza latte.
Non possiamo andare più nei supermercati che non siano rivolti a celiaci.
Gli integratori, zinco, magnesio ed aloe li acquisto on-line in Svizzera e a Malta. In Italia non esistono. Se esiste qualche prodotto simile, purtroppo contiene conservanti. Anch’io mangio così perché devo capire quanto sia sopportabile per una bambina di sette anni adeguarsi a questo tipo di alimentazione.
Il pane è mangiabile ma con l’andar del tempo il solo profumo inibisce l’appetito. Proviamo a mangiare così per le due settimane pattuite.
Osservo come si muove, guardo minuziosamente quello che succede. Osservo i piccoli cambiamenti uno fra i più evidenti è quello del saluto.
Quando rientro a casa Maria viene verso di me salutandomi con una consapevole presenza, un piccolo saluto con il cenno della mano, ma sono contenta. Allora vado avanti con la dieta e gli integratori e continuo ad osservare. Nel frattempo le faccio fare degli esami.
Raccolgo un campione di urina e lo spedisco a Parigi, i risultati li invieranno via mail a me ed al professore. Le conferme migliori si ottengono somministrando il metodo ai bambini piccoli. Gli esami non li posso effettuare in Italia perché li eseguono solo sugli adulti.
Dopo circa tre mesi i parametri si sono stabilizzati e il residuo dei metalli rimasti nel suo organismo sono pochi. Intanto continuo a sperare.
Le stereotipie motorie come le braccia che imitano il volo degli uccelli sono cessate, il tono della voce è più alto. Di solito sembra una bimba arrabbiata, ora il suo volto è disteso e l’umore migliorato. Gli argomenti non sono più così ripetitivi e sono più vari. Il ritiro sociale è meno marcato. Credo di essere sulla buona strada e quindi continuo così fra esami e dieta per circa due anni.
Aspetto che tutti questi miglioramenti si stabilizzino e che ve ne siano degli altri.
È una grande fatica senza glutine, senza lievito, senza caseina, senza tutto. A tavola siamo sempre più tristi. Lei è sempre stata una mangiona, ora mi sorride di più, anche se lo fa “sotto i baffi” senza incontrare il mio sguardo.
Passa il tempo ma non succede più nulla forse il prezzo da pagare per un sorriso abbozzato è per qualche saluto è troppo alto, ed arriva il giorno dell’abbandono.
Maria racconta:
Mamma, vorrei mangiare quello che mangiavamo quando ero felice… anche tu sei triste, sento il tuo respiro, è affaticato, e deluso. Tu non sei contenta di me, prima non ci pensavo, penso che sia la dieta. Hai sempre desiderato un’altra me, una ragazza tutta treccine fiocchetti e amiche, una che non adora sempre le stesse cose, che segue i discorsi degli altri e le loro passioni. Io invece sono stancante, la gente con me si spazientisce. Le mie compagne di scuola crescono, i loro interessi cambiano. Io credo di crescere nel corpo, ma i miei interessi non si modificano, non so perché non cambiano ed in più non capisco perché non se ne aggiungano altri. Io mi definisco una “aromatica” non mi interessano i miei compagni e non mi interessa l’amore. Non so come farò a sopravvivere senza di te, ma intanto vivo con te vicina, vivo con la tua voce perfetta e precisa.
Mentre parlo con lei penso al giorno in cui l’ho preparata per fare la prima vaccinazione. Forse il mercurio si è sedimentato nel suo cervello? Provo sempre un’angoscia, quella che corrisponde alla colpa di non essere andata contro le vaccinazioni. Proprio io! Sua madre, non un’estranea le avrebbe fatto questo!
È davvero così? Il mercurio l’ha rovinata per sempre? Sono così stanca dei forse e dei magari vorrei certezze! Al di là di tutti questi pensieri viviamo. Ma non ce la facciamo e così per un “Ciao” in più od in meno. Mollo! Mollo lo zinco e ricominciamo a vivere come prima perché voglio che lei sia felice a modo suo ed io voglio tornare alla vita di prima.
Passa il tempo è lei torna ad essere quella che era prima della dieta.
Guardo la credenza della cucina, sono rimaste tantissime confezioni di integratori e mezzo bidoncino di xilitolo. Il tutto mi ricorda il mio fallimento ma i flaconi vuoti non li butto, non si sa mai! Oggi a distanza di anni, ormai scaduti, sono ancora lì dove li ho lasciati e dove ho lasciato la speranza di farcela. Occupano la mia credenza come le mie aspettative scadute.
Pensi di fare dei passi avanti e di averli consolidati poi ti giri ed è tutta fatica inutile. Maria non vuole che nessuno disturbi il suo silenzio, le domande la infastidiscono e la sua ansia aumenta.
Maria racconta:
Sono stanca di tutte le vostre domande, siete inaspettati e curiosi. I vostri sguardi non li controllo, sono impegnata a guardare le vostre scarpe. Cercate centratura da una come me che non sa come stare al centro delle vostre esigenze e dei vostri interessi. Quando ero piccola i medici mi chiedevano sempre come mi chiamavo, quanti anni avevo, e quale classe stavo frequentando. Non erano, mai precisi nel chiedere. Se mi chiedi quale classe sto frequentando devi essere molto preciso se vuoi una risposta. Se me lo chiedi quando la scuola è già terminata mi mandi in tilt! La scuola è finita e stai usando il gerundio! Utilizzi una frase che contiene un’azione in fase di compimento, in un tempo ormai scaduto. Non ti sei accorto che la scuola è finita! Se invece ti riferivi all’anno scolastico successivo avresti dovuto utilizzare un futuro. Inoltre il mio nome e cognome è scritto sul foglio, proprio sotto il tuo naso. Non rispondo a domande palesi. Ricordo che durante gli interrogatori del medico, una voce impegnava la mia mente a pensare perché mai quel signore non leggesse il foglio se io, ero in grado di leggerlo al contrario. Io dalla mia posizione opposta alla sua, ne ero in grado! Anziché rispondere mi alzavo e uscivo dalla porta. La mia presenza era inutile e poi lo facevo perché la voce che mi occupava la mente tacesse e mi lasciasse ai miei pensieri preferiti, quelli che non controllo.
Spesso le cose con lei vanno così. Le emozioni quelle istintive quelle che ti fanno sentire viva, che ti fanno battere il cuore per qualcosa o per qualcuno non le appartengono. Non esiste una cosa che le piaccia in modo particolare, non desidera nessun indumento e nessun abito. Non ama gli anelli od i braccialetti per lei trappole inutili.
La sua voce non vorrebbe ascoltarla, ma trattenerla non appena si rende conto di averla ascoltata. Vorrebbe che tornasse da dove è venuta, dal luogo del silenzio, il territorio del “mostro”, che è pronto ad imprigionarla con pesi di ogni genere. Il mostro è sempre in sfida con me che sono la guardiana di Maria.
Finché ci sarò io vicino a lei il mostro lo percepirà e lei dovrà sempre rinunciare al silenzio totale. Sto cercando di insegnarle a guardarsi da lui attraverso le sue passioni che lo neutralizzano come neve al sole.
Ho raccolto alcune sue frasi dove racconta:
– Io posso parlare pochissimo, ma so farmi capire.
– Non chiedermi di guardarti negli occhi, non ne sono capace.
– La voce mi era caduta nello stomaco, uso quella che è stata pescata da mia madre.
– Ho bisogno di molto tempo per iniziare un discorso, tu forse te ne sei già andato”;
– I rumori improvvisi mi terrorizzano, scappo ovunque e posso farmi male.
– Non fate rumori o gesti improvvisi, se passa un aereo mi agito, se suona un allarme o scoppia un palloncino peggio!
– Anche se parliamo oggi, non riuscirò a riconoscerti domani!
– Riesco a sentire benissimo.
– Vivo nel tuo mondo a modo mio.
– Avete regole e comandi che non capisco, voi non capite i miei; Sono con i piedi sulla terra, ma la testa è disconnessa!
– Ho una vera passione per i cartoni animati e per le lingue, soprattutto l’inglese, ma la mia vera passione è doppiare.
Maria racconta:
La mia casa ideale ha una disposizione diversa dalla vostra; è un insieme di stanze che si toccano come se fossero inglobate in bolle di silenzio, tutto è sospeso in un volo di assenza di particolari senza una collocazione. Gli oggetti, liberi e liberarti da quella assenza dell’urgenza di collocazione o di posizione mi fanno compagnia e mi avvolgono. Non ho bisogno di cercare quell’ordine, quello che voi cercate tutti i giorni. Per me le cose non hanno un posto preciso, precostituito, stanno lì e basta. Comunque qualunque problema vi poniate è lì che l’avete voluto creare con il desiderio della ricerca della sua giusta collocazione nella vita. Io non ricerco nulla, quando sento questa ricerca da parte vostra non capisco e cerco di tornare nel mondo del silenzio. Sento tante altre cose in modo diverso ad esempio: quando mia madre mi porta in alcuni negozi, tipo quelli cinesi, io non riesco più a respirare. Quei vestiti puzzano di chimica ed io devo correre fuori perché è come se mancasse l’ossigeno; in effetti tengo il respiro chiudo gli occhi e cerco di spingere mia madre verso l’uscita. È divertente, adoro deconcentrarla dalla sua passione: quella di andare per negozi! Di solito riesco nell’intento ed a lei non resta che accontentarmi. Così quando l’avverto che i vestiti sono cancerogeni inizia a correre. A me degli abiti non importa nulla. Sono completamente irresponsabile al riguardo. Odio qualsiasi capo con fiocchetti. Quando ero piccola li spogliavo ed urlando mi opponevo. Subito mia madre sostituiva la maglietta mettendomene una diversa, ma non capiva bene come fare per accontentarmi. Era solo la casualità a farle scegliere una maglia senza fiocchetto; infatti per me il fiocchetto è un intruso, sento il suo spessore ed è un catalizzatore di sguardi. Non riuscivo a capire perché non capisse! Eppure era chiaro che li odiavo! Ho sempre pensato che le altre persone avessero “un Maria-pensiero” cioè che non ne avessero uno loro. Anche ora lo penso anche se mia madre mi spiega sempre che gli altri hanno tutti un loro pensiero diverso dal mio. Una loro mente che lavora, a volte come la mia, a volte contro la mia. Questo principio, lo devo sempre tenere presente, con voi o senza di voi. Non riconosco se un capo è al diritto od al rovescio. Devo sempre chiedere qual è il davanti o il dietro. L’etichetta non mi dà nessun indizio. Gli abbinamenti sono incomprensibili. Non capisco perché dobbiate abbinare i colori quando vi vestite. Io posso indossare anche due scarpe diverse senza accorgermene. Posso prendere il primo capo che capita, indossarlo senza pormi mai una sola domanda. Per me i colori non esistono sono inutili, mi accontento del mio mondo in bianco e nero e due colori sono già troppi da gestire. I colori mi impediscono di cogliere il centro-minimo e indispensabile del sopravvivere. Non parlo dei colori per dipingere o di quelli virtuali, parlo di quelli che occupano il mio spazio vitale! Forse con l’andar del tempo crescendo, diventerò anch’io come gli altri una persona della terra. Forse lascerò i panni della marziana connessa con il mondo.
Maria racconta:
I rumori si, quelli esistono tutti, anche quelli che voi non sentite. Questi sono quelli che mi spaventano di più, poiché vedo che restate tranquilli mentre io li sento terrorizzata. Quelli invece che voi sentite li sento amplificati e quindi mi piacerebbe che tutte le cose rumorose nel vostro mondo sussurrassero, ma non lo pretendo. Partendo da questo, con me non potrete mai parlare pensando di non essere ascoltati, non perdo il senso anche se sto ascoltando più discorsi contemporaneamente. L’aereo notturno che passa di notte trasportando merci, lo ascolto tutte le notti. Mia madre mi ha spiegato di stare tranquilla perché con il tempo mi sarei abituata e non mi avrebbe più fatto paura. Intanto non è ancora successo. Cerco di salvarmi schiacciando le mani contro le orecchie. Se invece passano degli elicotteri che effettuano un servizio di controllo, in caso di gare sportive, la giornata diventa davvero faticosa. Cerco continuamente nelle camere della casa il punto più lontano dal suono ma gli elicotteri si spostano e la corsa continua. Alla fine sono stremata e vado a letto aspettando il rumore assordante del “cargo notturno”.
Maria racconta:
Da piccola ho conosciuto un amico della mamma che si chiama “kiki”. Lui mi diverte molto il suo nome è corto essenziale ed è come un bambino, anche se è un adulto. Mi fa giocare e mi tratta come una bambina vera. Gli ho prestato i miei occhi e così gli permetto di vedere cartoni animati con me anche se non cambio mai la cassetta. Lo guardo quando ride a crepapelle senza mai stancarsi. Mi porta a fare delle passeggiate insegnandomi come camminare da sola. Dice che c’è una logica per camminare e che se non imparo rischio di farmi male. Lo faccio con fatica guardando in terra, lo posso fare perché in quel momento mi ha prestato i suoi occhi. Parla benissimo l’inglese anche se è nato in Cina in una colonia inglese, sua madre era russa e suo padre italiano ed io a adoro le lingue straniere. Mi racconta storie fantastiche ed io penso che sia un personaggio dei cartoni animati. Il tempo con lui passa velocemente. Ho capito che vuole che mi dimentichi del mio procione Sophia e dei miei viaggi silenziosi. A volte disegno con lui, fa disegni bellissimi come quelli dei bambini. Ha anche una gemella che è nata il giorno dopo della sua nascita, questa storia mi affascina e gliela faccio ripetere molte volte.
Il tempo è passato, deve essere successo qualcosa, non ascolta ininterrottamente i discorsi che riguardano le mie passioni, non si diverte più come un bambino. È cresciuto ora è un adulto. Ci tengo a lui, è stato l’amico della mia infanzia ma non riesco a riconoscerlo e se viene a trovarci mi nascondo. Sento il suo saluto ma la voce ora è quella di un adulto. Chiedo sempre di lui alla mamma quando è un po’ che non viene a trovarci, spero che un giorno entri e la sua voce sia quella del bambino di sempre, allora sarò pronta a prestargli ancora gli occhi.
Maria racconta:
Il futuro mi preoccupa, comunque vi tengo sotto controllo, voi invece, non mi controllerete mai! Le vostre regole sono molto complicate, anche le più semplici. Ho scoperto che mi piace doppiare le voci. Meglio se chiusa in una stanza buia con un regista che mi dirige. Mi piacerebbe doppiare le storie finte della vita. Ora ho scoperto che mia madre aveva pescato la mia voce dallo stomaco perché mi serviva per doppiare, non per vivere! Doppiare è un po’ come vivere la vita ma senza viverla. Nel frattempo sto frequentando un corso di dizione.
Gli accompagnatori sono rimasti alla stazione a commentare. Le persone che ho incontrato per la strada sono state con i loro consigli, per lo più vaghe ed incerte, le indicazioni spesso approssimative.
Mi sono accorta che la metà della comprensione sulla ricerca della strada per arrivare a Maria non era altro che Lei stessa. Non nelle persone e nei casi simili. Non dentro i libri, non dagli specialisti incerti, ma in Maria e nelle continue prove.
La questione era quella di tentare di fabbricare tutti i giorni delle chiavi di apertura. Piccole chiavi forgiate maniacalmente da innumerevoli e stancanti tentativi che aprivano il suo mondo. Innumerevoli porte tutte con serrature diverse, di varie grandezze, tutte blindate ma non impossibili. Questo è quello che ho fatto e che sto facendo da vent’anni tutti i giorni con ottimi risultati. Lo chiamo “Il mondo delle porte”.
È chiaro che quando entri nelle sue stanze avrai un tempo prestabilito. Devi allenare la tua mente per trovare la forza di ricominciare quando ti sbatterà fuori dalla stanza, buttando via la chiave insieme alla tua fatica! Ma la fabbricatrice di chiavi è pronta per farne altre, nuove chiavi, per nuove stanze. Le chiavi permanenti aprono sempre alcune delle sue porte, altre provvisorie sono da buttare dopo l’uso!
Ora busso alle sue porte in punta di piedi, ho capito che quando sono chiuse lo sono e lo rispetto. Quando mi accorgo che sono socchiuse, chiedo il permesso per entrare e non sempre lo ottengo. Quando sono aperte entro ed allora sono la mamma più felice dell’universo e del suo mondo parallelo!
Le note che ho scritto fin qui sono frutto di ricordi appunti, ed interpretazioni che durano da venti lunghi anni. Lunghi silenzi, pensieri interminabili, soluzioni improvvisate che a volte hanno sorpreso anche me.
È stato difficile e a volte mi sono sentita superata dalla fatica della ricerca delle soluzioni appropriate. A volte crollo, ma è solo un attimo e poi tutto rientra nella indifferente normalità di facciata. Nei venti anni passati a cercare ed osservare, ho incontrato molti genitori con i quali mi sono confrontata ma, ho finito per diventare lo “sportello utile” una specie di “ufficio informazioni”. Ho trovato solo persone in cerca di aiuto, mi sono sentita una piccola zattera sperduta nell’oceano ora non più in grado di ospitare nessuno.
Maria racconta:
Sono molto preoccupata per una persona che non conosco personalmente. È l’inventore di personaggi di alcuni cartoni animati molto famosi. Lui è affetto da una sindrome rara: “la sindrome di Asperger”
Anch’io mamma ho quella cosa? Lui fino all’età di quaranta anni era una persona inetta che non sapeva cosa fare Poi un giorno ha visto degli animaletti e ha iniziato a disegnarli, ed allora è diventato una persona considerata e la sua malattia una differenza positiva. Era un bambino giapponese che passava la sua giornata catturando insetti in silenzio. Con il passare degli anni, in Giappone, gli insetti scarseggiavano inghiottiti dal cemento. Così si appassionò all’informatica ed ai video giochi. Iniziò ad inventare dei mostri immaginari, tascabili virtuali. Un silenzio potente con un eco mondiale. Immaginava gli insetti silenziosamente come io in silenzio vivo la mia vita. Non sto creando nulla, ma non è detto che non succeda. I silenzi sono pieni di sorprese. Siamo Asperger tutti e due.”
Epilogo
Ora hai vent’anni stai frequentando un corso di dizione e sei felicissima, nel tuo “mondo del ripetere” e così sei come una di noi! Ti vedo sorridere mentre ripeti perfettamente le parole, padrona della tua lingua.La pronuncia e gli accenti sono le tue priorità ti prepari con serietà e ripeti. Ripeti perché fingendo sarai piano piano in grado di superare il tuo ritiro. Nel “Tuo teatro della vita” doppiando, potrai esporti e proporti senza la spontaneità emotiva di cui non disponi. Sto cercando di vedere quelle parti della tua personalità, quei talenti nascosti, al di là di tutti gli altri problemi. Una persona non è tutta uguale, nella sua passione c’è la parte di lei senza disagio anzi, c’è quella parte di novità ed estro che potrebbe portarla ad avvicinarsi al nostro mondo, ed alla sua felicità.
Per Maria la forza del risveglio è la sua “passione per il doppiaggio”.
Una risposta a “"La Pescatrice di Voci" di Daniela Vanillo (parte sesta)”
Grazie Daniela
complimenti per la sua testimonianza e la sua tenacia;il suo racconto e’ una “chiave” per aprire tanti luoghi di sofferenza e lasciar entrare piccoli e fiduciosi spiragli di luce…
Marcella