-Ciao piccolina.
-Ciao mamma. Torna presto.
-Appena finisco di lavorare. Faccio prima possibile. E tu stai buona, mi raccomando. E non aprire a nessuno!
-Va bene, mamma. Lo so, me lo dici tutti i giorni.
Mamma mi da un bacio. Lo fa sempre prima di uscire. E poi chiude la porta e va via. Corro alla finestra. Appena in strada si volta indietro, mi guarda, sorride. Mi fa ciao con la mano. Anch’io la guardo, le sorrido e le faccio ciao con la mano.
So quello che posso fare e quello che non devo fare. La mamma si fida di me, anche se sono piccola. Per prima cosa poso la tazza della colazione sul lavandino. Piano, senza romperla. Apro il rubinetto e faccio scendere un po’ d’acqua. Così le briciole che sono rimaste nella tazza non si appiccicano. E mamma quando torna riesce a lavarla senza strofinare troppo.
Mi piace il rumore dell’acqua che scende. Sscciach… Poi quando chiudo il rubinetto ancora un’ultima goccia cade giù. Splasc! E fa un cerchiolino nell’acqua della tazza.
Mamma dice che non devo guardare la TV la mattina, solo un pochino dopo mangiato.
Mamma mi lascia un panino e una pesca. O una banana. Qualche volta, invece della frutta, un budino. Di quelli nel bicchierino di plastica con il coperchio di stagnola. Mi piacciono quelli gialli.
Un giorno il coperchio non si voleva staccare. Io tiravo, tiravo. Poi si è aperto all’improvviso e il budino è schizzato via. Splaffete! Si è spiaccicato tutto per terra. Allora ho preso il cucchiaino e l’ho mangiato tirandolo su. Sono stata bene attenta a non raccogliere quello attaccato il pavimento. Poi ho pulito con la carta igienica. La mamma non si è accorta di niente.
Ora prendo i fogli e disegno. Non è che mi piace tanto, ma così quando torna mamma e mi chiede cosa ho fatto, le mostro il disegno e lei è contenta.
-Brava la mia piccolina. Hai fatto un bel disegno. Che bel gattino!
Non indovina mai cosa ho fatto. Oggi però non so proprio cosa disegnare.
Sento il rumore di una macchina. Vado alla finestra. Accipicchia. È un
camion. Si è fermato nel cortile. Sotto la finestra. Scendono degli uomini.
Scaricano mobili e scatoloni. Salgono le scale. Corro a mettere l’orecchio
alla porta. Voglio sentire cosa succede. Voglio sapere dove vanno.
Si sono fermati sul nostro pianerottolo! Portano i mobili nell’appartamento accanto al nostro. Che bellezza! Ci sarà di nuovo qualcuno che abiterà vicino a noi. La signora Angiolina se n’è andata da… non so da quanto. Da tanto tempo, mi sembra. Aveva quel cagnolino così simpatico. Quelle volte che non andavo all’asilo e la sentivo uscire aprivo un po’ la porta. Anche se la mamma non vuole che apra quando sono sola.
“Non aprire a nessuno quando sei sola, mi raccomando. Potrebbero farti del male.”
Ma la signora Angiolina che male poteva farmi? Io volevo vedere Briciola. Era bianco. Piccolino. Mi faceva le feste. Stavo qualche minuto con lui e ci divertivamo. La mamma non se ne è mai accorta.
Gli uomini che portano i mobili fanno rumore e dicono le parolacce. Se sentisse mamma, chissà come si arrabbierebbe. Si è fermata anche una macchina nel cortile e sono scesi due vecchi. Un uomo e una donna. Secondo me saranno loro che abiteranno nella casa della signora Angiolina. Non sono riuscita a vederli bene.
Stanno salendo le scale. Apro un pochino la porta. Basta appena per sbirciare con un occhio. Davanti c’è il vecchio. Ha i capelli bianchi, ma tanti, tanti. Lei viene dietro. Piccola e grassottella. Sale lentamente. Brontolando. Entrano nella loro casa. E lei si mette a sbraitare con gli operai.
-Attenti. Mi rigate tutto l’armadio. No. Non lì quello. Mettetelo là.
Che brutta voce ha questa nuova vicina. Lui non dice niente.
Lui esce sul pianerottolo e parla piano con gli uomini dei mobili.
-Abbiate pazienza. Sapete com’è con le donne quando c’è un trasloco!
Si sentono tutti i rumori dalla parete della nostra camera che è di fianco alla loro.
Oggi non mi annoio di certo. Intanto so cosa disegnare.
Il camion.
Non è molto bello. Mi sembra pure un po’ vecchio. Grigio e con dei graffi sui fianchi. Ma io lo farò rosso e tutto bello.
Questa volta la mamma indovinerà sicuramente. Disegno velocemente e ci metto anche gli uomini che scaricano i mobili. Non sono venuti tanto bene, ma non importa. Non ho tempo di farli meglio. Devo guardare fuori. Sento le loro voci.
-Abbiamo finito. Questo è l’ultimo scatolone da portare di sopra. E i mobili sono tutti montati.
-Bene avete fatto un buon lavoro.
Questo lo dice il nuovo vicino. Ha una bella voce gentile. Mi piace.
-Non sembra che sua moglie la pensi come lei.
-Non fateci caso. È una donna fatta così. Venite di sopra che vi do il resto dei soldi.
Salgono le scale. Apro la porta appena appena. Come prima. Tanto per dare un’occhiatina.
Ora non si sente più nessun rumore nell’appartamento vicino. Forse stanno mangiando, come sto facendo io. Ho preso dal frigo il mio panino col prosciutto. Ho steso sul tavolo il tovagliolo, per raccogliere le briciole.
“Non magiare andando in giro per casa, che fai tutte le briciole sul pavimento!”
Non c’è il budino oggi. Devo mangiare la frutta.
“Mi raccomando mangia la frutta che contiene le vitamine!”
Drinnn! Il campanello mi fa saltare sulla sedia. Non me lo aspettavo. Che spavento!
Corro alla porta.
-Chi è?
-Sono il vicino.
Non ho sentito aprire la porta dell’altro appartamento. Forse ero distratta.
-Sono sola. Non ti posso aprire. La mamma non vuole che apra la porta quando sono sola.
-Giusto. Quando torna la mamma?
-Alle quattro, se non deve fare la spesa.
-Allora tornerò dopo. Ciao piccolina.
-Ciao.
Che peccato che non posso aprire! Avrei parlato volentieri con il vicino. Mi piace. Ha quei capelli bianchi così belli. Oh, non credo che mi farebbe del male.
“Non aprire a nessuno quando sei sola. Potrebbero farti del male.”
Ma che male potrebbe farmi quel bel signore? Capelli Bianchi, ecco come lo chiamerò.
-Signora, mi dispiace disturbarla.
Corro nell’ingresso. La mamma ha aperto la porta al vicino.
-Sono arrivato oggi. Io e mia moglie. Abbiamo fatto il trasloco, ci siamo sistemati nell’appartamento qui a lato del suo. Avevo suonato il campanello nel primo pomeriggio, ma la sua bambina non ha voluto aprirmi. Era sola. La lascia sola?
La mamma lo guarda male. Non so perché. Forse non le piace. O non vuole che lui si interessi delle nostre faccende. Lo dice sempre mamma: “Non voglio che la gente si interessi dei fatti nostri”.
-In estate l’asilo è chiuso e io non posso permettermi una babysitter. In autunno andrà a scuola e tutto sarà più facile. Ma ora non posso fare diversamente. Devo lavorare.
-Capisco. È una bimba giudiziosa. Si può fidare. Ma scusi io le faccio perdere tempo. Ero venuto per chiederle un’informazione. Lei sa se qualcuno ha una cantina da vendere o da affittare? Quando abbiamo acquistato questo piccolo appartamento ci hanno detto che le cantine erano tutte prese, ma avremmo potuto chiedere agli inquilini se ce n’era una disponibile. Lei sa di qualcuna?
-Veramente io ho una cantina, quasi vuota in realtà. Se le serve, per una piccola cifra, posso dargliela in affitto.
-Lei è veramente gentile. Mi fa proprio una cortesia. Stabilisca lei una cifra mensile e mi sappia dire da quando potrò usarla.
-Va bene. Gliela farò vedere. Appena l’ho liberata le darò la chiave.
-La ringrazio tanto. Ciao piccolina.
Mamma chiude la porta. Non ha più la faccia arrabbiata. È contenta.
-Che bellezza. Avremo una piccola cifra in più ogni mese. Sarà poco, ma ci aiuterà a pagare le bollette. E forse ci uscirà anche qualche piccolo giocattolo per te, cucciolina!
-Evviva mamma.
Sono contenta. Da quando papà se n’è andato siamo così povere! E siccome se n’è andato quando ero piccola piccola, io ricca non lo sono mai stata.
“Per fortuna abbiamo un tetto sulla testa” dice sempre mamma.
-Bisognerà svuotare la cantina. Domani lo faremo.
-Ti aiuto io, mamma.
-Sì, tesoro. Butteremo via tutta la roba di papà. Tanto non torna. È ora che ci rassegniamo.
-Svegliati, cucciolina, forza!
-Ma mamma, oggi è domenica, possiamo dormire un po’ di più.
-Dobbiamo vuotare la cantina, non ricordi? Avevi promesso di aiutarmi.
-Va bene. Mi alzo.
Facciamo presto a prepararci e scendiamo le scale per andare in cantina. Il corridoio è buio e mi fa un po’ paura, ma c’è mamma.
Ha portato uno scatolone piegato che sembrava piatto, ma poi lo apre e ci sta tanta roba dentro. La mamma è triste. Lo vedo dalla sua faccia. Sono tutte cose di papà quelle che buttiamo via. Io non me lo ricordo nemmeno un po’. Chissà se era bello e simpatico. Simpatico, proprio no, se ci ha lasciato sole. Ma forse mamma gli voleva bene. Non parla. Butta le cose dentro lo scatolone con forza, come se ce l’avesse con loro e poi andiamo a vuotarlo nel bidone. Lo facciamo tante volte. Finché la cantina non è vuota.
-Mamma, sei contenta? Abbiamo fatto un bel lavoro. Ora potremo avere dei soldini in più tutti i mesi.
-Sì. Hai ragione. Sono contenta.
E finalmente sorride.
Mentre chiude la porta intravedo per terra, sotto lo scaffale, spuntare qualche cosa. Non sono sicura, ma mi sembra che sia la mia vecchia bambola. Forse è quella senza una gamba. Quando si è rotta ho pianto tanto. Non volevo una bambola senza una gamba. Così mamma mi ha detto che l’aveva portata all’ospedale delle bambole per farla aggiustare. Allora non era vero! La mamma mi ha raccontato una bugia. Forse non ha potuto portarla all’ospedale delle bambole. O forse è un posto che non esiste. Non ho più avuto una bambola per giocare. Vorrei tornare indietro a raccoglierla, ma mamma mi tira per un braccio.
-Vieni, svelta. Andiamo a darci una lavata e poi portiamo le chiavi al signore del numero 5.
-Eppure mi pareva di averne due. Cucciolina, hai visto una chiave della cantina? L’hai presa tu?
-No, mamma.
Lo so non dovrei dire le bugie, ma mi piacerebbe andare a vedere se è davvero la mia bambola quella che ho visto in cantina. Non voglio che mamma sappia che ho scoperto la sua bugia. Ci rimarrebbe troppo male. Ho preso una delle due chiavi. L’ho messa nella tasca. Tanto una per Capelli Bianchi c’è.
-Va bene. Non importa. Gli portiamo quella che c’è. Vieni.
-Suono io il campanello!
Capelli Bianchi viene ad aprire.
-Scusate se non vi faccio entrare. Mia moglie sta riposando. Non sta molto bene in questo periodo. Mi ha portato la chiave? Brava. Mi ha fatto proprio un favore. Ecco qui c’è l’affitto per il primo mese. Bastano 200 euro? Lo so è poco, ma in fondo è solo una cantina.
-Va benissimo. Anche per me è un piacere. Lei non sa come è difficile per una donna sola…
-Ma lei ha questo tesoro di bambina, non è sola.
-Ha ragione. Bene. Arrivederci.
-Arrivederci. Ciao piccolina.
Torniamo nel nostro appartamento e mamma mette la busta nel cassetto del mobile dove tiene i soldini.
-Per essere una che non sta bene ha una vociaccia!
-È vero, mamma. Anche quando non ci sei la sento sempre gridare. Brontola tutto il giorno. Sai come la chiamo? Voce Cattiva!
Non ho proprio voglia di disegnare stamattina. Mi annoio. Vorrei andare in cantina, ma ho paura. Il corridoio buio mi fa paura.
Drinn..
Corro alla porta.
-Chi è?
-Sono il vicino. Sei sola?
È Capelli Bianchi.
-Sì. Sono sola.
-Lo so che non puoi aprire la porta, ma sono stato a fare la spesa e ti ho comprato una cosa. Apri appena appena, che ci passi la tua manina, e te la
do.
“Non aprire a nessuno quando sei sola, che potrebbero farti del male”.
Che male può farmi Capelli Bianchi?
Apro. Solo un po’. Con un occhio alla fessura vedo il suo braccio e la sua mano.
-Tieni è un Chupa-chupa. Spero che ti piaccia.
-Grazie.
Allungo la mano e lo prendo.
-Mi piace. A che gusto è?
-Credo fragola.
-Il mio preferito.
-Bene. Domani te ne porto un altro. Cosa fai per non annoiarti?
-Ora faccio un disegno.
-Brava. Domani me lo fai vedere?
-Sì. Ciao. Grazie.
Chiudo la porta. Non me lo aspettavo questo regalo.
Lo sfascio e mentre lo gusto faccio un bel disegno. Così domani posso farlo vedere a Capelli Bianchi. Metto in bocca il Chupa-chupa e lo sistemo tra i denti e la guancia, con il bastoncino che spunta tra le labbra. Ogni tanto lo mando con la lingua verso l’altra guancia. Così ho le mani libere per disegnare.
Drinn…
“Non aprire a nessuno quando sei sola, che potrebbero farti del male”.
È lui. Sono sicura. Ma chiedo lo stesso:
-Chi è?
-Sono il vicino. Ti ho portato il Chupa-chupa.
Spalanco la porta. Lui è lì, con la borsa della spesa in una mano e nell’altra il Chupa-chupa. Sorride.
-Vieni ti faccio vedere il disegno.
Lo prendo per mano e lo accompagno in cucina. Sul tavolo ci sono i fogli e i colori.
-È bellissimo. Hai disegnato un castello meraviglioso. E questa è la
principessa, immagino. Ti somiglia. Dovresti disegnare anche il principe.
Ha indovinato il disegno. Mamma non indovina mai.
-Il principe lo disegno oggi. Su un altro foglio. Arriva sul cavallo.
-Certo, che stupido. Il principe arriva sul cavallo!
Mi fa una carezza sulla guancia. Ha le mani lisce e calde.
-Ora vado. Mia moglie mi aspetta. Se sto via troppo si innervosisce.
Voce Cattiva, non la sopporto! Vorrei che Capelli Bianchi non se ne andasse.
-Io non ho il papà e neppure il nonno.
-Mi dispiace, piccolina. Però hai la mamma che ti vuole molto bene. Sai anch’io non ho nipoti e neppure figli.
“E quella strega di Voce Cattiva non ti vuole bene”. L’ho pensato, ma non glielo dico. Non mi sembra carino.
Gli apro la porta.
-Ciao. Verrai domani a vedere il disegno del principe?
-Certo. A domani.
Non è facile disegnare un cavallo. Ho provato tre volte. Ora mi sembra che sia venuto abbastanza bene. Il principe lo vorrei fare che somigli a Capelli Bianchi, ma non so come fare i capelli. Non ce l’ho il pastello bianco. E poi sul foglio bianco non si vedrebbero. Li farò biondi. Il pastello giallo ce l’ho. Non è proprio uguale a lui, ma mi sembra che vada bene.
Drinn…
“Non aprire a nessuno quando sei sola, che potrebbero farti del male”.
Per fortuna ho finito il disegno in tempo. Apro la porta.
-Vieni. Ti faccio vedere il disegno.
-Oggi ti ho portato un gelato. Mettilo subito in frigo, altrimenti si scioglie.
-Grazie! Vieni in cucina. Siediti lì. Ecco il disegno.
Capelli Bianchi si siede al tavolo della cucina. Io mi avvicino. Mi prende sulle ginocchia e guardiamo insieme.
-Questo principe è davvero bello. Sai somiglia a me quando ero giovane. Avevo i capelli biondi e stavo dritto come il tuo principe. E il cavallo lo hai fatto davvero bene.
Mi abbraccia e mi da un bacio sulla guancia.
-Ora devo andare. Ciao piccolina.
Che peccato che Voce Cattiva non lo lasci stare di più. Mi piace la sua compagnia. Da sola mi annoio così tanto.
“Non aprire a nessuno quando sei sola, che potrebbero farti del male”.
Lo so. La mamma dice sempre così, ogni volta che esce. Ma Capelli Bianchi che male può farmi? È così gentile!
Stamattina Capelli Bianchi non si è visto. Ho sentito aprire e chiudere la porta, ma non è passato da me. Ho mangiato il mio panino, ma sono triste e annoiata. I cartoni che ci sono a quest’ora non mi piacciono. Non ho voglia di guardarli.
Idea! Potrei andare in cantina a cercare la mia bambola. La chiave è ancora nella mia tasca. Apro la porta di casa. Ci metto in mezzo un libro così non si chiude. Scendo di corsa le scale. Ora devo affrontare il corridoio buio. La lampadina si è bruciata tanto tempo fa e nessuno l’ha cambiata. È lungo il corridoio, lunghissimo. Ho paura, ma so qual’è la porta della cantina e so dov’è l’interruttore della luce dentro la stanza. Cammino piano. Il corridoio è dritto, non posso sbagliare. Con la mano sfioro il muro e conto le porte. Sono quattro e la quinta è quella della nostra cantina.
Che rumore! Cosa sarà? Speriamo non sia un topo. Mi fermo. Sento il cuore che batte forte e sembra che voglia saltare via. Trattengo il respiro.
Ora non si sente più niente. Mi tremano un po’ le gambe, ma vado avanti. Mi trema anche la mano mentre cerco di infilare la chiave nella serratura. Così al buio non è facile. Ce l’ho fatta. Un giro, due, tre giri. Entro. Accendo la luce.
Uff… Che bella invenzione la luce. Ora non ho più paura. Mi guardo intorno.
C’è un silenzio, un silenzio che non so descrivere. Anche se la luce è accesa questo silenzio mi fa impressione. Mi riprende la paura. Ma ormai sono qui. Faccio un bel respiro.
“I fantasmi non esistono!” Me lo dice sempre mamma quando ho paura del buio.
Mi guardo intorno. È ancora vuota la cantina. C’è solo un frigorifero grandissimo! Capelli Bianchi ha messo in cantina un frigorifero. Non è un frigo, aspetta, è, come si chiama? Un congelatore. Ecco. Di quelli bassi e lunghi, come ci sono nei negozi.
Chissà cosa ci tiene? Magari i gelati. Mi viene proprio voglia di guardarci dentro. Non si offenderà se do un’occhiata! Giuro che non prendo nulla.
Come è pesante da aprire il coperchio. Piano piano lo alzo di un pochino e all’improvviso mi scappa di mano, scatta in alto e si spalanca come una grande bocca. Arrivo appena al bordo. Mi sollevo sulla punta dei piedi per guardare dentro.
No… Non ci sono i gelati. Almeno, io non li vedo. C’è una specie di pacco.
Grande. Tutto avvolto nel nylon. Allungo un braccio e provo a sollevare un angolino della custodia. Non si capisce tanto bene cosa c’è dentro. Mi sembra di vedere… Mi sembra di vedere… ma forse mi sbaglio. Alzo ancora un pochino il rivestimento. È rigido per il freddo e si strappa con un rumore di ghiaccio che si rompe. Non mi sono sbagliata, è una faccia quella! E un corpo. Una grande bambola? No non può essere. Nessuno metterebbe una bambola nel congelatore.
Io lo so che cos’è. Lo so chi è. Anche se la pelle è coperta di ghiaccio. La riconosco. Anche se l’ho vista una volta soltanto.
Ha gli occhi aperti. Lungo le ciglia si è formato un orlo di brina. Sembra che mi guardi, ma non credo mi possa vedere. Ha i capelli tutti spettinati, appiccicati alla fronte, ma non credo le importi molto. Ha la bocca un po’ aperta. Le labbra sono rigide e viola, ma non credo che sentirò più la sua brutta voce. È la faccia di Voce Cattiva, i suoi occhi, il suo corpo. Congelati.
Che strano. Non mi fa paura. Lo so che è morta. Anche se sono piccola ho visto i morti in televisione. Non mi fanno paura. So che non si possono più muovere. Non possono più parlare.
“Ora vado. Mia moglie mi aspetta. Se sto via troppo si innervosisce”.
Penso che ora Capelli Bianchi potrà venirmi a trovare quando vuole, stare con me quanto vuole e lei, Voce Cattiva, non potrà più dire niente.