by Elisabetta Miari

“La vendetta di Agata” di Matteo Begotti

 

C’era una volta una bambina di nome Agata.

Era una bambina diversa dalle altre perché invece di giocare con le bambole, rubava a tutti gli abitanti della sua città (aveva imparato da suo fratello), e sapeva anche guidare la moto nonostante avesse solo 7 anni.

Agata non si faceva mai scoprire infatti la sua città era chiamata città “Spariscente”, proprio perché gli oggetti sparivano e nessuno ne capiva il motivo.

Era incredibile come quella bambina riuscisse a rubare così velocemente. Pensate che riusciva a rubare in otto case ogni giorno.

Ad un certo punto sentì una voglia irrefrenabile di suonare uno strumento semplice e piacevole da ascoltare e quindi pensò bene di rubare in casa di un famoso attore che aveva un figlio che suonava il flauto.

Quando provò a suonarlo e lo fece sentire a suo fratello, lui morì.

Allora lei si arrabbiò con il destino e il suo nuovo scopo nella vita diventò assassinare l’attore e suo figlio per vendetta.

Suo fratello possedeva un cappello parlante che poteva far comparire in esso tutti gli oggetti immaginabili solo chiedendoli. Prese allora il flauto e il cappello e con la moto andò a casa dell’attore.

Entrò senza farsi vedere e, una volta in casa, chiese al suo cappello una pistola.

Si guardò in giro e vide un passaggio segreto che i proprietari si erano dimenticati di chiudere. Scese dalle scale e scovò un laboratorio nascosto gigantesco dove i padroni stavano creando una arma di distruzione di massa che nessuno, se non lei, avrebbero potuto fermare.

Era un robot gigante munito di razzi, testate nucleari, spara fulmini e molto altro: la salvezza del mondo era nelle sue mani.

Allora Agata, appena il figlio se ne andò a prendere dei pezzi per arricchire il robot di armi, lo seguì e gli sparò un colpo ben assestato facendolo crollare a terra.

Suo padre sentì le urla di suo figlio e corse subito ad annientare il colpevole.  Appena trovò il cadavere, Agata si nascose e sparò un colpo di pistola, ma lui lo evitò. Allora la piccola Agata provò a suonare il suo flauto, ma con un solo gesto lui lo buttò a terra.

Per vincere lo scontro bisognava usare l’astuzia. Chiese al suo cappello di creare un telecomando che guidava il robot, lo usò e l’immensa macchina all’improvviso si animò e andò contro il proprietario.

Mentre l’attore cercava di bloccare il robot Agata si avvicinò con il flauto e suonò quella melodia di agonia. L’attore cadde a terra morto.

Aveva salvato il mondo. La sua vendetta era compiuta, poteva tornarsene a casa, ma a che scopo? La sua vita non era più la stessa senza suo fratello.

 

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