Quella domenica il commissario Crema l’aspettava da tempo, più che altro aspettava quel tipo di domenica; lontano dalla Questura, dal suo ufficio, dalla sua scrivania, dalle chiacchiere dei colleghi e via di seguito. Per una volta avrebbe accantonato le indagini compiute in collaborazione con il critico cinematografico Bernardini e il fidato Quadrini. E così, dopo la colazione di gruppo, caricò in auto moglie e figli e si diresse verso il centro di Torino con un solo obiettivo in testa: non fare nulla di impegnativo se non camminare e mangiare.
“Era da un po’ che non accadeva”, commentò Maria, la moglie del commissario, mentre con una mano protesa gli accarezzava il capo.
“Sì, hai ragione. Le ultime domeniche sono state un incubo. Sempre un caso da risolvere tra i coglioni”.
“Sergio, ci sono i bambini!”, lo rimproverò la sua compagna.
“Scusami, ma non mi pare che caso sia una parolaccia”.
La battuta del capofamiglia venne accolta da una risata collettiva, a cui parteciparono persino i figli, di 6 e 10 anni, che avevano assistito a quel dialogo seduti sui loro aerodinamici seggiolini.
Nemmeno venti minuti dopo trovarono facilmente parcheggio in centro, altro indizio favorevole al dipanarsi di una splendida giornata.
Una volta in strada la squadra Crema iniziò a muoversi, sotto i portici di via Pietro Micca, canticchiando l’ultimo motivo che avevano sentito in radio qualche minuto prima.
“Cosa facciamo di bello?” domandò Maria.
“Proporrei una passeggiata sino alla Feltrinelli di piazza C.L.N. . Lì ognuno di noi potrà scegliere un libro. Poi cerchiamo un posto maialoso in cui le patatine fritte siano la cosa più sana presente nel menù. Favorevoli o contrari?”, domandò Sergio, disponendosi frontalmente rispetto al resto della banda.
“Favorevoli!”, urlarono in coro i bambini.
“Ma non eri a dieta?” Maria provò a inchiodarlo alle proprie responsabilità.
“Hai mai visto qualcuno iniziare una dieta di domenica? Io comincio solo di lunedì, quale lunedì è ancora da stabilire”.
“Che deficiente”.
Dopo quelle schermaglie verbali la famiglia Crema riprese il cammino percorrendo via Roma a passo di lumaca, perché la moglie del poliziotto dedicò a ogni vetrina un paio di minuti della propria attenzione. Il commissario cercò di contenere il proprio disappunto per quel rallentamento giocando, per una volta prendendo le parti dei “cattivi”, a guardia e ladri con i figli.
Quella via crucis consumistica ebbe fine quando il gruppo varcò la soglia del mediastore. Ognuno di loro si diresse verso il proprio settore di interesse. Si sarebbero ritrovati di fronte alla cassa mezzora dopo.
Sergio Crema puntò, come di consuetudine, lo spazio dedicato ai gialli. Adorava i commissari “cartacei” e il fantasioso modo con cui risolvevano i casi più intricati. La realtà era ben diversa e spesso il senso di frustrazione prevaleva su ogni possibile gioia per i risultati ottenuti.
Il commissario iniziò ad afferrare i volumi, che componevano il tavolo delle novità, per leggere le relative sinossi. Era ormai prossimo alla scelta quando commise l’errore di sollevare gli occhi dal libro che aveva tra le mani. Fu in quell’istante che lo vide… A non più di due metri di distanza. Sfogliava un libro di Camilleri e il suo sguardo vorace si muoveva tra le righe di quel rettangolo dalla copertina blu. Nonostante l’attenzione del poliziotto si fosse focalizzata soprattutto sul volto dell’uomo che aveva di fronte, non riuscì a non leggere il titolo di quella storia dell’autore siciliano. Era “La pazienza del ragno”. Il commissario rimise al suo posto il tomo che aveva tra le mani, un thriller dagli inverosimili colpi di scena, e fece un paio di passi in direzione del suo obiettivo.
“Buongiorno” esordì.
“Ci conosciamo?” replicò con diffidenza il suo interlocutore.
“Lei mi sembra un volto noto”.
“Lei no, invece. Si starà confondendo”.
Rispetto a come ricordava la foto segnaletica aveva un pizzetto poco curato e i capelli più lunghi. Gli occhi però erano quelli. Non li aveva dimenticati.
“A mio modesto avviso è uno dei meno riusciti con protagonista Montalbano. Forse perché il commissario di Vigàta si sta ancora riprendendo dopo essere stato ferito nell’avventura precedente”.
“Manca comunque alla mia collezione. Vuole convincermi a comprarlo?”
“No, no. Era solo un parere personale”.
L’uomo chiuse il libro e fece per allontanarsi.
“Aspetti, non ho finito”. Il commissario gli afferrò un polso, obbligandolo a fermarsi.
“Cosa vuole?”, replicò con tono stizzito.
“Non continui a fingere di non riconoscermi. Ho tanti difetti, ma sono piuttosto fisionomista”.
“Forse lei legge troppo. Come si permette?”
“Sono passati tre anni da quel giorno”.
“Le ripeto: mi sta confondendo con qualcun altro”.
“Ricordo, come fosse ieri, il nostro arrivo sul luogo della rapina in banca e l’inseguimento della vostra banda. Le nostre automobili si scontrarono e tu scappasti a piedi. Correndo riuscii a raggiungerti, ma tu ti divincolasti dopo una breve colluttazione. Sino a oggi eri latitante nonostante fossimo risaliti al tuo nome in breve tempo. Non avrei mai pensato di ritrovare quegli occhi qua dentro”.
“Nemmeno io. Credevo che gli sbirri non sapessero leggere”. Quell’ammissione rincuorò il commissario.
“La tua fuga finisce qui, Luigi Marchetti”.
“E se scappassi?” lo sfidò.
“Sono armato, non costringermi a dimostrartelo”. Il poliziotto portò una mano all’altezza dell’ascella per fare un po’ di scena. Stava bluffando.
“Sapevo che prima o poi sarebbe finita”.
Sergio ebbe la sensazione che il ricercato non attendesse altro.
“La giustizia vince sempre, Luigi. Ha la stessa pazienza di un ragno. Se non è quella terrena sarà quella divina”.
“Tradito da Montalbano, chi l’avrebbe mai detto. Di solito mi tengo lontano dai luoghi affollati” disse il pregiudicato, indicando il libro.
“Leggere non fa poi così bene”.
Entrami sorrisero, lievemente.
“Cosa succede Sergio?” domandò Maria appena fu accanto al marito.
“Niente, ho incontrato un vecchio amico”.
“Non me lo fai conoscere?”
Sergio presentò alla moglie Luigi, sottolineando che aveva frequentato quell’uomo “circa tre anni prima”, senza riferirle le movimentate circostanze in cui ciò era avvenuto.
“Adesso però possiamo andare?” domandò Maria, una volta che la famiglia si ricompose.
“Sì, ma mi dovrò assentare per qualche minuto”.
“In che senso?”
“Poi ti spiego…”. Un’occhiata del commissario fu più esaustiva di mille spiegazioni. Mentre la famiglia Crema e il pregiudicato erano in coda alla cassa, il commissario contattò i colleghi, invitandoli a raggiungerlo il prima possibile fuori dalla libreria. Era certo che Luigi non avrebbe fatto brutti scherzi. Una volta in strada il commissario dovette respingere le richieste di spiegazioni da parte dei figli. Non capivano cosa stesse accadendo.
“I miei hanno più o meno la stessa età”.
Il latitante accarezzò la testa del più piccolo dei bambini.
“Non li vedi da tanto?”
“Qualche mese”.
“Magari passiamo a trovarli cinque minuti prima di andare in commissariato”.
Sergio spiazzò Luigi con quell’inattesa proposta.
“Grazie, sarebbe bello”.
Trascorsero ancora un paio di minuti prima che un’auto civetta della polizia raggiunse piazza C.L.N. Il commissario fece accomodare la sua preda nel sedile posteriore di un’impresentabile Punto grigia.
“Dove vai, papi?”. Sergio si aspettava quella domanda, ma accusò, comunque, il colpo. Anche quella domenica non sarebbe stato con loro. Dopo aver consegnato le chiavi della sua vettura alla moglie, salutò rapidamente i suoi famigliari e salì in auto, accanto al conducente. Maria cercò di soffocare l’incazzatura crescente, ma sapeva che prima o poi sarebbe esplosa.
“Indirizzo?” domandò il commissario al suo ospite una volta salito in auto.
“Corso Vercelli 15”, replicò Luigi.
La vettura scattò. Il latitante infilò una mano nel giubbotto e accarezzò la copertina del libro di Camilleri. Per molto tempo quello sarebbe stato il suo ultimo furto.