"Ballo in maschera" di Erica Arosio


 

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Desiderare, che magnifica sensazione in cui lasciarsi galleggiare, come in un mare tranquillo. Desiderare con la certezza dell’appagamento. Assaporare l’attesa, dilatarla e sapere che i sogni diventeranno realtà.
Ho una mia ricetta: imprigiono il desiderio in un tegame di coccio, lo mescola bene con gocce di rugiada, sciolgo i grumi, lascio che l’amalgama diventi soffice, lo metto sula stufa a legna e lo lascio decantare, fino a che tutti i succhi sprigionino le essenze più preziose. La velocità è nemica delle emozioni, che impalpabili e delicate vanno accudite, accarezzate, speziate a dovere e poi cucinate a bassa temperatura, prima di essere assaporate. Annuso il mio distillato di sensazioni e ne faccio un profumo di lusso: lo verso in un flacone di cristallo e ne ammiro le sfumature dell’arcobaleno. Con quel filtro d’amore cospargo il corpo per il resto dei miei giorni, perché una boccetta magica è un pozzo senza fondo.
Con il mio amore appena incontrato esalto la lentezza e ignoro il tempo, anzi ne faccio il mio alleato più prezioso per accrescere il desiderio. Che felicità vedere che il mio amato amante si muove in sintonia con i miei ritmi. Non abbiamo fretta, possiamo prenderci il lusso di annusarci ancora, di sfiorarci e immaginare quello che sarà fra noi. Balliamo nella sala dal soffitto trasparente e ci godiamo gli sguardi a ben ragione invidiosi della passione che affiora in ogni nostro gesto: nessuno può ignorare quello che passa fra i nostri corpi. Come tutti gli amanti siamo sicuri di essere i primi e gli unici, come tutti gli amanti siamo sicuri di essere stati noi a inventare l’amore. La notte che sta per calare sul mare sarà solo nostra tanto insignificante apparirà ogni altro amore confrontato con la nostra intesa.
Perché allora sto diventando impaziente? Forse perché il momento è arrivato. Mi immobilizzo nell’aria come per magia, con il passo di danza sospeso, lui mi raccoglie e mi accoglie e mi ritrovo ancora fra le sue braccia. Non servono parole, usciamo sulla terrazza e guardiamo l’albero più alto della nave. Inutile che io gli sussurri il percorso che voglio seguire. Ci sono amanti che hanno bisogno di nascondersi e cercano istintivamente il buio degli scantinati, i boschi o i piani terra dei motel di periferia. Noi siamo benedetti dagli dei e agli dei vogliamo arrivare e saranno le stelle a illuminare il nostro amore. Per mano ci arrampichiamo scala dopo scala fino al ponte più alto e l’ultima meta è l’albero che imita le navi dei pirati. Sappiamo che solo lassù, sulla piattaforma che tutto domina, potremo amarci come fossimo il primo uomo e la prima donna. Con gesti simmetrici ci liberiamo degli abiti. Sfilo le scarpette, cerco le cerniere della mia tutina e faccio saltare uno dopo l’altro i ganci che la fanno aderire al mio corpo come una seconda pelle. Mi crogiolo nella visione di lui che lascia scivolare come una femmina vanitosa il suo costume da pirata, i pantaloni stretti e la camicia che si fa vela e aquilone prima di cadere in acqua. Non mi tolgo la maschera e penso a quello che potremmo sembrare visti da lontano. Due corpi atletici illuminati dalla luna abbarbicati alla vetta del transatlantico, una torre di guardia che evoca ammutinamenti e scorrerie.
Lo spazio della piattaforma è minuscolo e come una conchiglia racchiude i corpi degli amanti. Il pirata mi accarezza le labbra con la punta dell’indice, come volesse ridisegnarle, poi passa i polpastrelli sulla maschera che ancora nasconde i miei lineamenti curioso di scoprire finalmente il mio viso.
Guido la sua mano e lo aiuto: la maschera da Catwoman finisce in mare. Fra noi non c’è più nulla, siamo pelle su pelle e la notte finalmente è tutta nostra.


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