“Donne in corriera” di Paola Varalli


Tra Como e Veleso la strada è stretta e piena di curve.
Per questo le Corriere del Lago sono sempre state più piccole del normale.
Hanno quell’aria buffa degli autobus dei fumetti, alte e magre come delle vecchiette segaligne con i capelli grigio topo.
Solo che la C30 e la C32 non sono grigie.
Sono azzurre, azzurro cupo, come l’acqua del lago.
Sono corriere di linea, il biglietto si fa dal tabaccaio e ci sono donne senza età che aspettano alle fermate, quando l’autobus si ferma salgono e poi salutano l’autista.

“Ciao Luigi, è uscita tua moglie?”
“ Sì, se Dio vuole, è andato tutto bene, aveva tanta paura ma poi… alla fine era un intervento da niente, roba di rutìn , anche il medico ci ha assicurato che si rimetterà presto, non ci saranno strascichi.”
“Meno male, salutamela tanto, neh?”
“Stai tranquilla, Wanda, glie lo dico, glie lo dico, che hai chiesto di lei.”

E il Luigi ingrana la seconda perché sta iniziando la salita, dopo l’orrido di Nesso la strada lascia il lago e punta verso la montagna.
La corriera non ce la fa a salire in terza, il vecchio diesel tossicchia, avrebbe bisogno anche lui di andarsene in pensione, insieme al suo autista.
Sì, perché questa è l’ultima corsa del Luigi.
Dopo tanti anni di onorato servizio chiude bottega. C’ha guadagnato il mal di schiena e un paio di ernie, ma anche tante storie di vita del lago e di gioie e tristezze della gente comune.

La Wanda si siede sul sedile proprio dietro l’autista e si aggiusta la gonna lisciandosi la coscia con la mano, poi leva un filo di lana dal cappotto e si rivolge di nuovo al Luigi.
“ Sai che la cognata di una mia vicina ha conosciuto una che si diceva amica dell’Angiolina . Te la ricordi l’Angiolina?”

“Ehh, e come si fa a non ricordarsela, l’Angiolina… quando saliva, dopo il distributore di Torno, tutta la corriera le puntava gli occhi addosso.
Riempiva l’aria col suo profumo, la sua scollatura procace e le sue chiacchiere.
Anche se non era più molto giovane aveva un non so che.. che ci dava i punti alle sciacquette di adesso, quelle con la pancia di fuori. Eh, l’Angiolina, che donna! Che portamento!!”

Il Luigi scala deciso una marcia, per affrontare un tornante.
Così lascia andare per un momento quello sguardo sognante che il pensiero dell’Angiolina gli ha suscitato. Il suo orizzonte migra verso la montagna. La corriera sbuffa e si lancia arrancando su per la ripida salita.
Una signora corpulenta, seduta in seconda fila sul lato destro dell’autobus, sfoggia con disinvoltura un cappellino verde di lana lavorato all’uncinetto e parla con voce baritonale, rauca, da fumatrice accanita.

“Già, l’Angiolina piaceva a tutti” e alza le sopracciglia – “Io però penso che fosse la tenutaria di un bordello di Como. Questo quando c’erano ancora, i bordelli, intendo.”
Per un attimo sembra scandalizzata dalle sue stesse parole, poi alza le spalle e si cava con un gesto veloce il cappellino verde all’uncinetto, aggiusta distrattamente i capelli per ovviare all’appiattimento che il cappello aveva prodotto.
Il Luigi tiene sempre il riscaldamento alto, comincia a far caldo, sulla corriera.
“Però magari questa del bordello è una idea bislacca, chi lo sa se era davvero una di quelle?”

La Wanda scuote la testa:
“No, Dora, L’Angiolina non faceva la vita, forse aveva un’amante ricco, una mantenuta… ecco, quello magari sì, ma un bordello… no, lo escludo. Troppo signora, troppo elegante. Lo escludo di sicuro. Magari era un po’ appariscente, ma aveva buon gusto. Mica come quelle donnine là.”
Il riferimento alle professioniste è chiaro a tutta la corriera. Ascoltano e ridacchiano.
La Dora, annuisce.
“Mah, c’avrai anche ragione tu, ma da quando è scomparsa, da quando non è salita più sulla corriera … insomma, l’Angiolina mi manca, mi mancano le sue risate e il suo senso dell’umorismo. Mi faceva iniziare bene la giornata”

Il Luigi fa le curve seguendole con il corpo, gira il volante in uno strano modo e gli va dietro come se aiutasse tutto l’autobus, con il suo peso, a svoltare su per quei tornanti stretti fatti a gomito. Ha sempre fatto così.
“Luigi, ti ricordi come ti prendeva in giro l’Angiolina per quel tuo modo lì di girare?”
La Wanda parla sporgendosi da un lato del sedile, per farsi sentire meglio dall’autista, e assume una posizione precaria, con le natiche mezze fuori che sembra che debba cadere da un momento all’altro.

“ Eh, davvero, diceva che se facevo così anche quando ero a letto con mia moglie, mi venivano i figli tutti storti”
Luigi se la ride di gusto, al ricordo.
“E’ scomparsa senza lasciare traccia, chissà se la cognata della mia vicina ne sa qualcosa”

“Io ne so qualcosa.”
Tutto l’autobus si gira a vedere da chi è uscita la vocetta proveniente dal fondo della corriera.
La vocetta proviene da un giovanotto smilzo, un tipo inoffensivo con un berretto calato sugli occhi e la giacca a vento con il logo di un club di canottieri sulla schiena.
“Beh? E tu cosa ne sai?”
“Io lo so” sostiene lo smilzo, imperterrito.
“E allora diccelo anche a noi, ci vuoi tenere tutti sulle spine?”

Sull’autobus nessuno fiata.
Anche il Luigi sta ascoltando, ecco ora rallenta l’andatura, forse lo fa perché il rumore del motore non soffochi quella vocetta che sta per rivelare il mistero.
Dove diavolo è andata a finire l’Angiolina?

Ma siamo in prossimità della fermata, il Luigi frena, deve frenare.
E allora accade una cosa inaspettata: il ragazzo scende.
Scende perché è la sua fermata. Scende prima di aver parlato.
Il Luigi richiude le porte, ingrana la prima, riparte.
Tutta la corriera insorge:
“Ma perché non l’hai lasciato parlare, perché l’hai fatto scendere? Perché non hai aspettato?”
Il Luigi ci pensa, è il suo ultimo giorno di lavoro. Vuole andarsene con tutti i suoi ricordi intatti, vuole tenersi la fantasia, non sa cosa farsene della realtà.
Molto meglio credere che l’Angiolina, ora, sia la favorita del Sultano del Brunei piuttosto che venire a scoprire che, magari, ha aperto una merceria in provincia di Biella.

“Dai donne, tanto quello lì domani risale, glie lo chiedete domani.”

E poi fa la curva, seguendo l’autobus con il corpo, va dietro al volante che gira, con quel suo gesto consueto e sorride a se stesso, dentro lo specchietto retrovisore.


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