“«Non cerco la verità. Fiuto la menzogna.»precisò Ángel Maldonado.”
(MIRCO MALSERA, Per nostra grandissima colpa)
I
«Ho dato uno sguardo veloce: niente libri del morto sugli scaffali» disse l’Ispettore Persio Pasotti.
Il Vice Commissario Salvatore Angelillo distolse lo sguardo dal corpo riverso sulla scrivania per scoccargli un’occhiata di scherno «Pasò! T’è venuta la fregola del bibliotecario?»
Gli agenti della scientifica fissavano l’ispettore tra il meravigliato e il commiserante. Dubbioso ma interessato il Sostituto Procuratore.
Seccatissimo, invece, il medico legale: «Per favore! Sono le quattro di notte e fa un caldo boia. Prima ci lasciate finire meglio è.»
Non era solo l’afa, a rendere tutti nervosi.
Quello era l’ultimo fine settimana, caotico, di libera visita alle ”Floating Pears” le piattaforme mobili approntate sul lato nordest di Montisola per collegarla alla terraferma e all’isolotto di San Carlo.
«Perdonate lu guaglione.» intervenne Angelillo. Il Vice Commissario, di origini napoletane, preferiva quel termine a “giovanotto” «È un po’ indisciplinato…»
Il dottor Zambon storse il naso.
Non era la prima volta che lavorava con i due, e non era entusiasta del loro modo di fare scanzonato e informale, spesso volutamente maldestro, come se non stessero investigando ma si trovassero lì per caso.
Cercavano, in questo modo, di stemperare l’antipatia connaturata al ruolo. Un vezzo che li rendeva più digeribili a testimoni e sospetti, ma i colleghi, e i superiori, lo mal sopportavano.
Comunque, i due a cambiar stile non pensavano lontanamente.
Erano poliziotti di razza, e si integravano così bene, anche per la differenza d’età, marcata ma non troppo (quarantenne il Vice Commissario, trentaduenne l’Ispettore) che li mandavano ad indagare in coppia.
Essere l’uno campano e colto, e l’altro bergamasco e rude non nuoceva alla loro felice chimica.
La tragica morte di Mirco Malsera, celebrità abitante a Monte Isola, avrebbe fatto gola alla crema della Questura bresciana, ed era toccata a loro solo perché, col pretesto che erano gli unici scapoli della Sezione Omicidi, li avevano messi in turno in quella domenica di inizio luglio.
In verità, l’ispettore Silverio Scalvini del Reparto di Polizia di Iseo, sfigato stakanovista festivo al loro pari, non avrebbe dovuto chiamarli con quella premura.
Se non fosse per il dattiloscritto rinvenuto accanto al cadavere, sfigurato da una revolverata alla testa.
Il qui presente scrittorello, che m’appresto ad ammazzare, è un fottuto truffatore. Definirlo scrittorello è persino troppo. Questo bastardo è un prestanome. Avete capito bene: non uno dei suoi thriller stravenduti è farina del suo sacco. Lui si limita a mettere la firma sugli scritti di un altro. L’altro è una vittima. Lo scrittorello lo ricatta. Che immondo parassita, eh? La sua colpa più grande non è di appropriarsi di meriti che non gli spettano, ma di non preoccuparsi dello scarso valore letterario dei romanzi che il forzato “gost writer” gli sforna. No, non ho pensato neppure per un momento di denunciarlo: il motivo del ricatto è così compromettente che la vittima negherebbe fino all’ultimo. Per certa gente la giustizia è inutile, ci vuole un giustiziere. Vi assicuro che nessuno più di me ha titolo per diventare il suo. Non sapete che senso di liberazione ne provo.
Pasotti si avvicinò a Zambon sussurrandogli, in modo che potesse udire solo Angelillo: «Intendevo che se nello studio suoi libri non ce ne sono, davvero non gli piacevano, come sta scritto nella lettera»
«Bella pensata!» commentò Angelillo.
«Ha ragione» considerò Zambon «ma come movente per togliersi la vita è del tutto improbabile. Anche perché, gli piacessero o meno, quei romanzi l’avevano reso ricco e famoso.»
Angelillo conveniva.
Eppure, secondo esperienza nella scena del suicidio tutto quadrava: la postura del corpo, la ferita mortale, la posizione della pistola.
L’unico dettaglio dubbio era il silenziatore innestato sul revolver. A che pro non far sentire la detonazione?
Tra l’altro quell’accorgimento aveva fatto sì che il gesto fosse scoperto con qualche ora di ritardo, verso le due di notte, quando la governante di casa, svegliatasi nel sonno, aveva notato la luce accesa nello studio.
II
«Allora, dottore: com’è morto?»
«All’istante. Il colpo di pistola gli ha distrutto il cervello. Ci sono tracce di polvere da sparo sulla mano destra, e impronte sul calcio dell’arma, che i colleghi della scientifica, a un primo esame, dicono coincidere con quelle della vittima.»
«Uhm… Il poveraccio era in sé quando è partito il colpo?»
Ferrari oppose ad Angelillo il suo faccione insofferente. «Non faccio l’indovino. Sarò più preciso dopo l’autopsia.»
Il fastidio del medico era più che comprensibile. Rispondere alla domanda era un terno al lotto. Bisognava trovare tracce di sonnifero o roba simile nel corpo della vittima.
Tutti i suicidi soggiacevano a quell’alea: poteva trattarsi di omicidi mascherati manipolando il corpo incosciente del preteso suicida.
Per sciogliere il dubbio si doveva indagare sul contesto: il solito sgradevole lavacro dei panni sporchi altrui.
Angelillo sospettava che il dottor Zambon se ne fosse andato, delegandoli al prosieguo dell’indagine, perché aveva sentito puzza di rogne.
III
«Abbia pazienza, signora: solo qualche domanda»
Di fronte ad Angelillo la governante di casa Malsera, una donna di sessant’anni con addosso una vestaglia fuori moda, appariva ancor più spaurita di quanto già non fosse per la perdita del padrone.
«Comissà, tu sei troppo materiale con le “s-cète”, lascia fare a me!» intervenne Pasotti, che per beffarda galanteria dava a tutte le donne, specie se attempate, delle ragazze, ovvero “s-cète” in bergamasco, il suo dialetto natale. «Vorremmo» aggiunse amichevole «che ci raccontasse cosa è capitato ieri sera prima che andasse a dormire. Quel ch’è successo stanotte lo sappiamo già»
Una menzogna tattica: mai ammettere di brancolare nel buio.
La donna doveva aver già raccontato a Scalvini la stessa storia, ma la ripeté paziente.
«Be’, ho preparato una cena leggera, poi il povero signor Mirco si è ritirato in studio.»
«A che ora?»
«Saranno state pressappoco le 10»
«Le è parso strano il suo padrone?» s’intromise Angelillo
«No assolutamente! Ancora non mi so spiegare. Mi aveva detto che doveva sentirsi per telefono col signor Soria»
«Xavier Soria?» fece Pasotti «Il Premio Nobel?»
IV
«Però, che concentrazione di “scrittoroni” su quest’isoletta!» disse Pasotti, accomodato su una poltrona nello studio di Soria. La battuta era parsa forzata persino ad Angelillo, che pure stravedeva per l’umorismo di Pasotti.
Il grande romanziere argentino, un sessantenne di due metri per non meno di un quintale e mezzo, la ignorò.
«La gente di gusto va nei posti belli, in todo il mundo. E il lago d’Iseo è bellissimo. Il pobro Malsera era residente, io ci vengo in vacanza»
«Almeno tre mesi all’anno da dieci anni…»
«Cierto. Mi hanno fatto anche cittadino onorario. Quest’anno non potevo proprio mancare, con le instalaciones de Christo Iavachev…»
«Quando vi siete conosciuti con Malsera?»
«Lo sanno tutti, ormai. E’ uno degli episodi mas popolari delle nostre biografie»
«Perdoni l’ignoranza. Lo racconti anche a me»
«Be’, ho notato Malsera in una taberna, poco tiempo dopo che avevo comprato questa casa. Mi ha intrigado che tutti tranne me sapessero chi fosse. Anche lui non aveva idea di chi fossi io, forse per questo abbiamo familiarizado subito. Ben presto mi ha confiado che aveva scritto un romanzo giallo. Me lo ha fatto leggere e ne sono rimasto encantado. Mi sono offerto di presentarlo ad un editore italiano, ed è nato il triunfo de La larga visiòn del ciego.»
«Che bella storia!» esclamò Pasotti «Guarda caso protagonista del libro è un investigatore argentino non vedente…»
«Sì: coincidenza increìble, quasi fatale direi»
«Tutti i romanzi di Malsera sono ambientati in una Buenos Aires del secondo dopoguerra ricostruita con grande realismo» aggiunse Angelillo.
«Vero. Ho più volte scritto che Malsera sa encarnare lo spirito argentino. E il suo investigador sarebbe piaciuto a Borges»
V
L’ispettore Scalvini era sorpreso che Angelillo si fosse presentato da solo al Reparto di Polizia di Iseo per la riunione di coordinamento. Il Vice Commissario c’era abituato: tutti consideravano inseparabili lui e Pasotti. «Il collega è rimasto sull’isola per un sopralluogo sulla strada tra Carzano e Peschiera Maraglio.»
«Ma se dubitate dell’argentino, perché non gli avete fatto ricercare addosso residui di sparo?»
Angelillo pensò che Scalvini era perspicace, per appartenere alla razza dei bresciani lacustri. «E bravo! Il premio Nobel si diletta di tirassegno con la pistola. Ieri pomeriggio è andato al suo poligono naturale dietro la villa per tenersi in allenamento. Che si sa dal medico legale?»
«Si sbilancia solo sull’ora della morte: tra le 23.30 e le 24 del 15. Per il referto autoptico ufficiale ci vuole tempo. Ma in via riservata mi ha detto che per lui è “strasuicidio”.»
«Ahah. Parli per sé, il dottore…A me la scientifica non ha potuto escludere che la vittima abbia agito sotto costrizione dell’assassino. Malsera, come la maggioranza di noi, non era un eroe, e se minacciato da una pistola, avrebbe potuto accondiscendere a qualsiasi richiesta dell’assassino, funzionale alla messinscena del suicidio. Ma lasciamo stare. Mi dica qualche buona malignità sui rapporti tra Soria e Malsera»
VI
«Allora?»
«La rivierasca tra le due ville è in buono stato.» rispose Pasotti «Ci si mette si e no cinque minuti in auto, in bici un quarto d’ora, di buon passo mezzora. Di notte non passa nessuno e l’illuminazione è poca. Uno potrebbe andare dall’una all’altra anche per acqua, in gommone. È vero che in questo periodo, con le “Floating Pears”, a Montisola c’è un gran casino, ma non di notte in quel tratto lì: essendo annullate le visite dopo le 23, i traghetti tra Carzano e Iseo sono sospesi.»
«La telefonata tra i due?»
«Tim conferma. Durata dalle 22.00 alle 22.45 circa. Ne risultano molte altre in precedenza: linea calda»
«Questo è un caso di “omisuicidio”!» si sfogò Angelillo.
Pasotti rimase perplesso, poi alzò il pollice della mano destra in segno d’approvazione.
VII
Il Questore aveva un diavolo per capello. Le indiscrezioni uscite sulla stampa riguardo al coinvolgimento del premio nobel argentino Xavier Soria nelle indagini per la morte di Mirco Malsera lo avevano costretto a interrompere la vacanza in barca a vela.
Nonostante ciò, Angelillo sedeva serafico di fronte a lui.
«L’inchiesta è durata due giorni di troppo. Avrebbe dovuto chiedere di archiviarla come suicidio già l’indomani.»
«Con quella lettera, dottor Plevani?»
«Cazzate di letterato, pace all’anima sua!»
«Stia a sentire. Fino a dieci anni fa Malsera era un personaggio televisivo di successo. Poi, di colpo, il crollo. Nemmeno per sbaglio lo chiamavano più in un programma. E come risorge dalla cenere? Inventandosi niente di meno che giallista»
«Embé? Giallista, mica progettista aerospaziale»
«Si vede che lei è uomo d’azione, digiuno di letteratura! Malsera ha dato un contributo originale al genere. Tutti si sono domandati dove l’avesse nascosto fino ad allora, quel talento.»
«Vada avanti»
«Il protagonista dei romanzi di Malsera, lo scienziato-detective Ángel Maldonado, è famoso per il principio d’insolubilità.»
«Sarebbe a dire?»
«Un caso poliziesco non ha MAI soluzione. Lo impedisce una forza bruta naturale, totalmente incontrollabile, che Maldonado definisce degrado della verità, di cui le manovre ingannevoli del colpevole sono una minima parte, nemmeno la principale. In pratica, dal momento zero del crimine la possibilità di ricostruirne la dinamica si degrada progressivamente e irreversibilmente. Maldonado è un fisico teorico che ha perduto la vista in un incidente di laboratorio. A indurlo a dedicarsi all’investigazione è l’omicidio, rimasto irrisolto, di sua moglie e suo figlio durante una rapina in casa. Secondo lui basta qualche minuto perché il degrado della verità confonda inestricabilmente le tracce. Di fatto, solo la flagranza consente di risolvere un caso.»
«Bella roba. E noi povere forze dell’ordine cosa ci staremmo a fare?»
«L’investigatore può proporre una soluzione secondo la sua sensibilità. Se i fatti non possono essere dedotti, bisogna sentirli, percepirli.»
«Cavolata.»
«Sì? Mi dica: nella nostra storia giudiziaria, quanti processi si sono conclusi con una soluzione chiara e incontestabile?»
«Che c’entra? Eppoi noi non dobbiamo fare letteratura. Poliziotti, siamo.»
«Allora esaminiamola da poliziotti, quella lettera»
«L’addio di un suicida fuori di testa»
«Perché, se voleva suicidarsi, avrebbe dovuto far scambiare la propria morte per omicidio?»
«Giusto. Ma perché se è stato ucciso, l’omicida dovrebbe essere proprio Soria?»
Angelillo si rifugiò in una pausa di apparente frustrazione. Poi: «La storia dell’amicizia tra i due è illuminante»
«Sentiamo. Conoscendola, l’avrà passata al setaccio»
«Malsera e Soria non hanno nulla in comune. Il primo era una ex star televisiva tutta immagine e niente cultura che scopre la vocazione di giallista, il secondo è un anonimo professore di liceo che si mette a scrivere romanzi rivoluzionari, che rinnovano attraverso una lingua unica, ricca d’inventiva, la struttura stessa delle storie e il rapporto col lettore. Si sarebbero dovuti scansare al primo contatto come cariche elettriche opposte. Tra l’altro Soria ha sempre dichiarato il suo disprezzo per la narrativa poliziesca, e certamente lo stile elementare del fortunato ciclo di Maldonado fa a pugni con la sua prosa raffinata.»
«Soria è consulente di moltissime case editrici e sa distinguere ciò che piace a lui da ciò che può avere successo. Quanto al feeling tra Malsera e Soria, non è la prima volta che persone diverse legano.»
«Dubbi sulla paternità dei romanzi di Maldonado sono circolati subito. Prima de La lungimiranza del ciecoMalsera non aveva mai messo piedein Argentina»
«E allora?»
«Qualche commentatore ha insinuato che parecchi dettagli della Buenos Aires descritta nel ciclo di Maldonado può conoscerli solo chi ci ha vissuto negli anni 80.»
«Senta, non so cosa dire, li avrà ricavati in qualche altro modo. Di certo non basta a dire che i romanzi glieli scriveva Soria… Tra l’altro dei presunti testi originali non si sono trovate tracce, né cartacee né informatiche.»
«E con ciò? C’era un reciproco interesse a farle sparire. Bastava il testo edito…Ha mai seguito le performance di Malsera sul piccolo schermo? Era il re del trash, famoso per i suoi sfondoni, divertenti per il pubblico. Lui e la cultura erano cane e gatto.»
«Corredo studiato del personaggio: trasmissione trash presentatore trash. Eppure l’ho sentita un sacco di volte dire che la TV è falsa, Angelillo…Ma mi tolga una curiosità: che ne pensa dei libri della buonanima?»
«Spazzatura.»
«Se ha appena lodato il principio d’insolubilità!»
«Non è un parere sull’originalità poliziesca, ma sulla qualità della scrittura. Il biglietto d’ addio ci azzecca, bollandola come scadente.»
«Anche nel considerare la cattiva letteratura peggiore del ricatto?»
Angelillo sorrise.
VIII
«Allora, Pasò? »
L’ ispettore inquadrò Angelillo con sguardo irridente. «Ti vedo un filo sbattutto, commissà»
«Va a qual paese»
Il Vice Commissario trovava che Pasotti fosse tornato dall’Argentina con un surplus di paraculaggine e sperava dipendesse dal buon esito della trasferta. Non vedeva l’ora di scoprirlo.
«La polizia locale è stata freddissima. Le cose più interessanti le ho scoperte indagando per conto mio»
«Avrai rischiato di finire desaparecido…» lo sfotté Angelillo, che ne conosceva l’abilità di segugio.
«Nel quartiere si ricordano ancora tutti della scomparsa di sua moglie a distanza di dieci anni»
«Lo stesso anno che ha comprato casa a Montisola.»
Pasotti annuì. «Ha sempre detto, citazione testuale “ho bisogno di mettere un oceano, un mare e un lago tra me e Buenos Aires”»
«Che ne pensa la gente?»
«Soria è una gloria nazionale, e sono tutti allineati alla conclusione dell’inchiesta»
«Però.»
«Però sotto si percepiscono dubbi»
«Più di quelliavanzati all’ epoca?»
«La sensazione è che i suoi connazionali “giustifichino” Soria più che ritenerlo innocente»
«La signora Soria era quella specie dimegera di cui si favoleggiava?»
«Donna forte e decisa, col pallino degli affari, di dieci anni più anziana. Da sempre agente letterario del marito. Circola voce che continuasse a incassare percentuali esose sulle vendite dei suoi libri in base a un mai ufficialmente confermato contratto di esclusiva, sottoscritto da Soria quand’era uno scrittore alle prime armi»
«L’alibi del nostro ai tempi?»
«La signora Soria si è volatilizzata mentre si trovava nella villa di campagna dei coniugi, dove, visti i pessimi rapporti col marito, si recava spesso da sola. Nessun testimone ha mai confermato che Soria vi si trovasse al momento della scomparsa, ma il posto è piuttosto fuori mano, e nemmeno Soria è mai riuscito a dimostrare il contrario»
«Insomma il nostro premio Nobel non era messo benissimo. Tracce della moglie?»
«Macché. Perse del tutto, sino ad oggi. All’inizio era questa l”ancora di salvataggio di Soria. Finché è arrivata la lettera.»
«Un’altra lettera… »
L’investigatore non scopre il colpevole, semmai viceversa.
«Tranquillo: non ho intenzione di fare il Tenente Colombo. Non sarei all’altezza» s’affrettò a premettere Angelillo, non appena Soria gli aprì.
Il premio Nobel non mutò d’un filo l’espressione scura. «Che vuole ancora?»
«Sincero sincero?»
«Senta: lasciamo perdere le cerimonie. Lei è qui per interrogarmi. Non solo me l’aspettavo, ma è correcto da parte sua. Però non mi chieda di trovare agradable la sua compagnia. Venga, andiamo nello studio»
«No! La prego» lo bloccò Angelillo, passandosi il dorso della mano sulla fronte accaldata «Questa villa ha una terrazza con vista sul lago. Andiamo lì. Stanno smantellato le “Floating Pears”, ma si dovrebbe ancora vederle, no?»
«All’aperto la servitù potrebbe sentirci»
«Crede che non sia già abbastanza informata? In Italia i segreti diventano pettegolezzi»
«Allora è la miglior maniera per nasconderli, visto che i pettegolezzi non vengono presi sul serio. »
«Vedo che si intende di segreti…»
Soria gli scoccò un’occhiata scontenta.
Adesso erano sulla terrazza, al riparo di un ampio ombrellone. L’azzurro delle acque, solcate da innumerevoli imbarcazioni, rifulgeva sotto il sole feroce. La costa era appannata da nuvole d’afa. Tirava, per fortuna, un filo di brezza. Dietro un promontorio, si intravedeva propendersi verso il paese rivierasco di Sulzano una specie d’interminabile molo candido: la passerella flottante in disarmo, privata del rivestimento arancione, che sino a una decina di giorni prima aveva collegato Montisola e la terra ferma.
«Facciamo un patto: una confidenza per uno. Comincio io.» aggiunse Angelillo «Sono un estimatore di Maigret»
«Cioè?»
«Il Commissario parigino dice di non voler capire, ma sintonizzarsi emotivamente con l’ambiente»
«Ah! E’ riuscito a sintonizzarsi con me?»
«Una confidenza per uno.»
«Non ho asesinado mia moglie»
Se Soria contava di sorprenderlo, si sbagliava: Angelillo non aveva fatto una piega.
«Non importa sapere se l’ha uccisa, ma se e come avrebbe potuto scoprirlo Malsera»
«Perché la scomparsa di mia moglie deve accompagnarmi come una maldiciòn?»
«Caro señorXavier…»
«Cosa?»
«La señoraEstrella, era il suo nome, vero?, è svanita in circostanze dubbie. Sospettare del marito era naturale»
«Era, appunto»
«Via! Possibile che Ángel Maldonado non le abbia insegnato nulla? Un caso poliziesco non è mai definitivamente risolto»
«Non mi fossi mai preso a cuore la pubblicazione de La larga visiòn del ciego! Tanto il libre era così buono che avrebbe sfondato comunque.»
«Sicuro di considerarlo buono?»
«Qué vorrebbe sentirsi dire? Avanti!»
«Vogliamo giocare a carte scoperte?»
«Non voglio jugar.»
«I romanzi di Malsera, Dio lo tenga in gloria, erano un insulto alla vera letteratura. Avrebbe giusto potuto scriverli un superficiale di successo come lui , se non fosse per il protagonista e il suo principio d’insolubilità, singolare inno all’imperfezione umana. No, mi spiace, un’idea così stento ad attribuirla al rozzo presentatore»
«Dunque alla fine riconosce un valore al ciclo di Maldonado.»
«In un certo senso…» buttò là, ammiccante, Angelillo «Nello studio di Malsera non c’era una sola copia dei suoi romanzi. Ne ho parlato con la moglie di facciata (visto che si professavano innamoratissimi, ma facevano ciascuno la propria vita) e l’ha trovato strano.»
«In effetti è extraño.»
«Sembra indicare la ragione del suicidio: la vergogna per un successo di pubblico riconosciuto come immeritato.»
«Non commiento.»
«Ammettiamo che, come si dice nella lettera (e come molti nel vostro “fraterno” ambiente insinuano) Malsera traducesse testi scritti in un’altra lingua. Per esempio lo spagnolo.»
«Por ejemplo.»
«Ammettiamo che questi testi, per venire incontro alla limitata capacità del traduttore, fossero scritti in uno spagnolo elementare»
«Prosegua.»
«Eh no, mica può pretendere che faccia tutto io. L’inquisito è lei!»
«Be’, diciamo che questo potrebbe spiegare la discrepanza tra lo stile, così pedestre, e il contenuto, così brillante.»
«Bravo, esimio señor Xavier!»
10)
«Sulla scomparsa della moglie si è difeso come un leone. Nemmeno il caso fosse stato effettivamente riaperto!» esclamò Angelillo.
«L’avrai martellato sull’altra lettera di addio comissà» commentò Pasotti.
Già. L’altra lettera, della signora Estrella. Dieci anni più vecchia di quella che stava complicando la morte di Malsera. Diversa ma, per molti versi analoga. Certamente la polizia di Buenos Aires non vedeva l’ora di prosciogliere Soria, ma come negare che era una prova decisiva a suo favore?
Lettera firmata dalla signora, indirizzata al marito e spedita da Port of Spain a Trinidad e Tobago, località caraibica presso cui Soria, costretto a rimanere a disposizione delle indagini nella capitale argentina, sicuramente non si era recato. Estrella Soria annunciava l’intenzione di rifarsi una vita lontano dal marito. Quanto bastava per archiviare il caso come scomparsa volontaria.
Però.
«La perizia calligrafica ha attribuito la firma alla signora Estrella» aveva cominciato con l’obiettare Angelillo «ma non si poteva escludere che qualcuno gliel’avesse estorta»
«La propria condanna a muerte? Una simile lettera prelude alla soppressione del secuestrado!» aveva opposto Soria.
«Il rapitore poteva avergliela carpita subdolamente»
«Roba vecchia, signor aspirante Maigret. Innanzitutto il contenido, al di là della firma, è sin dubbio riferibile a me e a lei: racconta di una moglie stanca de su marido scrittore trasformatosi sempre più, nel corso degli años, in monaco della literatura. Il juicio che lei andava ripetendo su di me. Infatti qualche aspirante Maigret argentino, non si crederà l’unico vero?, al tiempo ha avanzato una tesi multo subtile: che la lettera fosse tracta da un raccuento epistolare sulla nostra vida, fatto de documenti fintamente autografi, miei e suoi.»
Quando Pasotti gli aveva riferito quella teoria, Angelillo ne era rimasto entusiasta. Ma la polizia argentina aveva dovuto scartarla ben presto.
«Peccato che questo fantomatico progetto literario sia extraneo a mi cuerda di scrittore, e la stessa Estrella, che di literatura s’ intendeva, l’avrebbe bociado sin scampo. Comunque, nonostante interrogatori e perquisizioni, non se ne è trobada traccia.»
Già… Anche se marito e moglie, vista la particolarità dell’iniziativa, avrebbero avuto tutto l’interesse a mantenere il riserbo. Se poi Soria, come Angelillo, credeva, era il diabolico autore di ” delitti perfetti”, avrebbe potuto trovare gli argomenti giusti per convincerla dei suoi pregi, e poi a farne scomparire ogni indizio. Come aveva fatto col corpo della donna.
«Che senso aveva per la signora Estrella» aveva ripreso Angelillo «la scelta di svanire nel nulla, sia pure portando con sé un gruzzolo da nababbi? Non era più semplice chiedere il divorzio?»
«Ammitto che è strano. Non sa quanto mi sono torturato per non esser riuscito a prevedere un simile gesto.»
Però il timbro di Port of Spain sulla busta aveva suscitato più di un dubbio…
«Se è così informato sull’indagine saprà che il gobierno di Trinidad e Tobago ha permitido ad una delegazione della polizia argentina di verificare in loco la corrispondencia del timbro a quello in uso nelle poste dell’isola»
Però secondo molti rimaneva la possibilità che lui avesse un complice…
«Eh già, i complici! Il degrado della verità all’ultimo stadio, come li definisce Maldonado. Chiunque potrebbe avere un complice occulto. Nel mio caso l’hanno cercato in lungo e in largo, sin trobarlo.»
11)
«Perché non me l’ha detto prima, signora?» La voce di Angelillo tradiva una punta di stizza, inusuale per lui.
La voce della vedova Malsera non era da meno. «E chi ci aveva fatto caso?»
Obiezione ragionevole, pensava il Vice Commissario, ma fino a un certo punto.
I giornali erano stati prodighi di ricostruzioni sulla scomparsa della signora Soria, soffermandosi sull’aspetto più ghiotto, la lettera d’addio. La vedova avrebbe ben potuto fare subito due più due .
Ma forse lui stava estendendo al mondo intero la sua attenzione per la vicenda. La signora Malsera poi, ex soubrette di serie b quindici anni più giovane di del marito, era tra i meno interessati a chiarire le circostanze della sua morte, evento che, visti i loro reali rapporti, doveva rappresentare una liberazione più che un dramma, per lei.
«Lei seguì suo marito a Trinidad e Tobago per il programma?»
«No. Ero contraria. Mi sembrava una marchetta che non avrebbe giovato alla carriera di Mirco. Infatti le ironie si sprecavano. Ma mio marito era estasiato dall’invito. Vedi che sono ancora un personaggio in America Latina? Figuriamoci: per una serie di ospitate alle trasmissioni sul carnevale dell’isoletta. Dopo quello di Rio è il più importante!, ripeteva. Forse. Ma quella locale è rimasta una rete con ascolti infimi. Tra l’altro Mirco conosceva superficialmente le lingue, e in quelle trasmissioni caciarone fece la figura del pesce fuor d’acqua. La verità era che, essendo in crisi di lavoro, il cachet era una boccata d’ossigeno…»
«Quanto tempo è rimasto a Port of Spain?»
«Un mese circa»
«Al suo ritorno notò qualcosa di cambiato in lui? »
«Sono passati più di dieci anni!»
12)
«Cronologicamente regge alla grande comissà!» s’entusiasmò Pasotti «Scomparsa della signora Estrella: gennaio 1998. Chiusura dell’inchiesta e proscioglimento di Soria: settembre 1998. Primo arrivo di Soria a Monte Isola: dicembre 1998. Andata in onda su CCN TV6 di “Carnival mundial”, pietra miliare nella storia televisiva : febbraio 1999. 1^ edizione de La lungimiranza del cieco: agosto 1999.»
«Sì.» chiosò Angelillo « Ma per ora è solo una pista promettente. Mi aspetto grandi cose dalla tua trasferta a Trinidad e Tobago»
«Ti ho mai deluso?»
«Altroché!»
Pasotti incassò con un ghigno: se l’era andata a cercare.
13)
«Le piace proprio la terrazza, eh commissario?»
«Vice, mio caro, vice…» corresse Angelillo, riempiendosi gli occhi della costa bergamasca, limpida sotto il cielo del dopopioggia « A proposito: apprezzo molto che mi riceva senza avvocato»
«Sono chiacchierate entre uomini di cultura, no?»
Era evidente che Soria faceva solo il suo interesse. Quei confronti a tu per tu, sui quali ciascuno poteva smentire l’altro, erano senza valore. Pure schermaglie per sondarsi. Il fatto che Angelillo vi ricorresse era la dimostrazione che non aveva niente in mano contro Soria.
«Non le ho ancora chiesto un parere sulle “Floating Pears”.» divagò Angelillo, indicando in lontananza il punto dove rimanevano sparute tracce delle installazioni.
«Davvero le interessa?» Lo sguardo di Soria era scettico.
«Ci ha messo piede?»
«Por l’amor de Dio! La pensavo come il pobro Mirco: le “Floating Pears” andavano admirate da lontano, non consegnate a la multitudine. Come abrir al pubblico uno studio televisivo: se perde la magia della fincion.»
«A proposito di televisione: Malsera le ha mai parlato del viaggio a Port of Spain?»
«Banal, per un allievo di Maigret. È l’argumento di gossip più in voga del momento.»
«Facciamo un po’ di gossip tra di noi»
«Sì, me ne ha parlato. Non parlava d’altro quando ci siamo conosciuti. Era il suo rientro sul pequeño schermo dopo una larga cuarantena»
«Lei conosceva Trinidad e Tobago a parte l’episodio della lettera di Estrella?»
«Mi fa le stesse domande del pobro Mirco all’epoca?» Soria lo sfidava ironico «No, non sono mai stato a Trinidad e Tobago, né prima né dopo. Sabe cosa mi ha detto Mirco prima di partire? Se incontro tu esposa te la saluto. Ecco: bisognerebbe chiedere a Estrella per saperne di più sobre el luogo»
«Ho già informazioni dl prima mano. Estrella ci sarà anche andata in segreto, ma lì non l’ha mai vista nessuno. Tantomeno risulta sia entrata in un ufficio postale a Port of Spain. Ricordano invece l’interesse del compianto Mirco Malsera per il servizio postale dell’isola durante il carnevale del 1999. Diceva che aveva in mente un programma di “true crime” sulla scomparsa della signora Soria, argomento ancora popolare a Trinidad e Tobago. Canale CCN TV6 sembrava molto interessato al progetto. Peccato non se ne sia fatto più niente. Sa com’è: Malsera di lì a qualche mese è entrato nell’Olimpo degli scrittori polizieschi…-
Soria ascoltava impassibile. O quasi.
«Este notizie stanno per uscire sul proximo numero del settimanale “Oltre l’orizzonte”. Che fa, si mette a negociar sottobanco con la stampa, commissario?»
«Vice. Pare che la precedente inchiesta abbia temprato la sua resistenza al sospetto. Vede che non tutti i mali vengono per nuocere?»
«Che vulgaridad…»
«A proposito» divagò Angelillo «mi sono letto un paio di avventure di Maldonado. Si mandano giù che è un piacere. Devo ricredermi. La originalità non sta nel “principio d’insolubilità “»
«In cosa?»
«Nel redde rationem. Il grande Maigret arrestava di malavoglia il colpevole, Maldonado va oltre: lo lascia libero di costituirsi o di farla franca. Perché, appunto non è sicuro al cento per cento che sia colpevole.»
«No. Maldonado ne è sicuro. Pero sabe di non poterlo provare. Arriva alla soluzione grazie alla sua “veggenza” di cieco»
14)
Angelillo cercava nell’espressione di Zambon il pentimento di avergli affidato l’indagine.
Visto il clamore suscitato, lo trovava giusto.
Non è una bazzecola mettere in croce un premio Nobel per la letteratura.
Ma il Sostituto Procuratore non sembrava nutrire timori reverenziali. Zambon doveva essere uno di quei magistrati che si sentono eredi del giudice berlinese dell’aneddoto.
Il Vice commissario aveva l’impressione che Soria gli stesse persino antipatico, anche se non l’avrebbe mai confessato.
E lui, Angelillo, cosa provava per lo scrittore argentino? Domanda difficile, anzi difficilissima. Per fortuna irrilevante.
Zambon lo sorprese. «Voglio fare con lei il punto sull’ ipotesi del suicidio. Un punto fermo, se possibile»
«Be’» attaccò il Vice Commissario «Mirco Malsera non aveva motivo di ammazzarsi. Era all’apice del successo, ricchissimo, ancora giovane e in buona salute»
«Gli innocentisti “filosorieriani” oppongono che i motivi di un suicidio sono sempre un mistero. Ultimamente la Chiesa concede funerali religiosi ai suicidi affidandoli alla misericordia di Dio, il solo a sapere cosa si nasconde nel loro cuore»
«Già… E se non si può leggere nel cuore di un suicida, allora tutte le spiegazioni sono aperte. C’è chi dice che Malsera fosse scontento del successo letterario, perché avrebbe voluto un altro successo, quello televisivo, inseguito per tutta la vita.»
«E’ una buona interpretazione della lettera di addio. E della singolare mancanza dei romanzi di Ángel Maldonado in casa sua.»
«L’assassino avrebbe potuto farli sparire facilmente.»
«Non nascondiamoci dietro a un dito: quando dice assassino dica pure Soria»
«Ah be’… I “filosorieriani” hanno la spudoratezza di sostenere che, se fosse omicidio, attribuirlo a Soria non sarebbe scontato.»
Per la verità il partito favorevole allo scrittore argentino andava oltre, sostenendo che neppure l’esistenza di un ricatto di Malsera sarebbe stato sufficiente ad incolpare Soria: il defunto”anchor man” poteva essersi ucciso per il rimorso della vergognosa truffa che aveva messo in piedi.
«Lo so. Ma non regge. Non per me. Tertium non datur: o suicidio o omicidio commesso da Soria»
«Certo! Io e l’ispettore Pasotti ne siamo così convinti che chiamiamo il caso omisuidicio Malsera/Soria… La vedo perplesso...Ma sì, è un nostro piccolo paradosso. Mai sentito parlare del gatto di Shordinger? Maldonado ama citarlo nei romanzi di Malsera»
«Vagamente»
«Be’, un po’ come quel povero gatto, forse vivo o forse morto, di Malsera non si sa se si sia suicidato o l’abbiano ucciso …»
«Capito. Ma torniamo al dunque. Ha mai pensato che la miglior prova d’innocenza di Soria è la lettera trovata vicino al cadavere?»
«Certo. Sembra un errore madornale: punta l’indice contro di lui. Gli sarebbe convenuto un finto omicidio “silenzioso”»
«Ma.»
«Ma solo in apparenza. Malsera e Soria erano amici e vicini di casa. Il collegamento tra la scomparsa di Estrella Soria e le ospitate di Malsera a Trindad e Tobago sarebbe venuto fuori comunque. Risvegliando i rumors sulla dubbia genuinità dei romanzi con Ángel Maldonado e quindi puntando l’indice contro Soria.»
«Davvero Malsera, nel mese scarso di permanenza presso Trinidad e Tobago, con tutti gli impegni per il programma sul Carnevale, può esser riuscito a trovare il bandolo della matassa della sparizione di Estrella Soria?»
«E’ un’obiezione molto sensata. Me la sono posta io stesso. La risposta si trova nella personalità di Malsera. Io credo che il conduttore televisivo in disgrazia, nonostante lo considerassero un mediocre baciato dal successo, fosse tutt’altro che stupido. O, perlomeno, avesse abbastanza fiuto e scaltrezza per capire di aver individuato il punto debole di Soria. È ovvio, anche se indimostrato, che lo scrittore argentino si sia valso di un complice per spedire la famosa lettera da Port Espain. Certamente, Soria ha fatto tutto a regola d’arte, cancellando ogni legame tra se e quel complice, come del resto è riuscito a uccidere e cancellare le tracce del cadavere di Estrella. Che Soria si intendesse di crimini astuti è dimostrato dalla sua più che probabile mano nelle brillanti storie poliziesche di Ángel Maldonado. Ma Malsera aveva l’istrionismo giusto per far credere a Soria, anche senza aver nulla in mano, d’esser arrivato a una scoperta compromettentissima per lui, minacciando di renderla pubblica nella trasmissione dedicata al caso Estrella su CCN TV6.»
«Strano. Un “animale televisivo ” come Malsera che rinuncia al “botto” mediatico di una riapertura del caso di Estrella Soria, in cambio del successo come autore di un ciclo di romanzi polizieschi»
Angelillo s’aspettava l’obiezione. « Deve pensare, signor procuratore, che tra i due, Malsera e Soria, si sia svolta una vera e propria partita di poker. E per vincere a poker bisogna saper bluffare»
«Mi sta dicendo che Malsera sarebbe stato così abile da instillare in Soria il dubbio che lui potesse aver davvero modo di rovinarlo? »
«Malsera sarà stato di sicuro molto convincente. Che Soria lo abbia ritenuto una minaccia seria, ne dubito. Ha solo fatto un calcolo, credo giusto. Quest’uomo, si è detto, novantanove su cento non ha niente per incastrarmi. Ma se lo coinvolgo nella truffa letteraria di Ángel Maldonado, lo lego mani e piedi alle mie sorti. Non potrà più denunciarmi senza trascinare se stesso nella rovina come ricattatore e complice nell’occultamento di un reato. Non ho nessuna convenienza ad andare a vedere il suo bluff.»
15)
«Eccoci qui» si sforzò di scherzare Plevani «Pronti a offrire il petto alle vostre domande!»
La conferenza stampa, affollatissima, gli era stata imposta dal Ministro dell’Interno, preoccupato per le ripercussioni internazionali dell’inchiesta. Fosse per il Questore, ne avrebbe fatto a meno. Anche perché riteneva incauto lasciar interloquire coi giornalisti un cane sciolto come Angelillo, seduto al suo fianco. Né rassicurava la presenza del Sostituto Procuratore Zambon, un bello stinco di Savonarola che dietro le quinte sosteneva, se addirittura non manovrava, il Vice Commissario.
Plevani diede con una certa apprensione la parola al redattore de Il Giorno, il giornalista più scettico sulla colpevolezza di Soria, che non tralasciava occasione per sferzare “le disinvolte alzate d’ingegno del Vice Commissario Angelillo”.
«Innanzitutto ben trovati…» Pausa ad effetto«…finalmente. Mi chiedo se vi rendete conto che quest’indagine si sta sempre più avvitando. Non si vede l’ombra di una prova contro il nostro illustre ospite Xavier Soria. Tutto si riduce a sviscerare i livelli di senso, palese e recondito, della lettera d’addio di Malsera, con una sottigliezza più adatta» sorrisetto compiaciuto « alla critica letteraria che ad un’indagine di polizia»
La risposta di Angelillo prese in contropiede l’intero uditorio: «Mio stimato Piras! Normale che sia così: il caso riguarda due scrittori…»
Occhiata atona da parte di Zambon. Sguardo trasecolato di Plevani.
16)
Angelillo leggeva ad alta voce sul Giorno, squadernato sopra la scrivania, l’intervista sfogo di Xavier Soria. Pasotti, seduto di fronte, lo stava ad ascoltare concentrato.
Manuele Piras aveva cominciato il pezzo con una descrizione della villa del premio Nobel a Montisola. Naturalmente, si erano sistemati sulla terrazza che Angelillo ben conosceva, e Piras ne aveva approfittato per porre al lettore un interrogativo: chi amava tanto la natura da aver scelto un’abitazione che sembrava fondersi con la bellezza del lago, poteva essere un assassino? Angelillo, ed anche Pasotti, s’erano irritati per quell’argomento ruffiano, che mirava a captare la benevolenza del pubblico. Seguiva un ritratto altrettanto favorevole di Soria, descritto come sciupato e in ambasce per le insinuazioni intorno a una dolorosissima vicenda personale, la sparizione dell’amata compagna di vita, e all’episodio, altrettanto spiacevole, della morte dell’’amico Malsera.
«Ci parli di sua moglie, professore. Se la sente?»
«È un argomento difficilissimo. Estrella ha avuto per me un’importanza immensa. Ha un brutto carattere, ma se sono diventato quello che sono lo devo lei. Mi manca molto, nonostante i rapporti difficili tra di noi. La nostra relazione è stata piena di contrasti fin da subito, ma ricca e appagante. Lei ha capito le mie potenzialità prima di me, ed ha permesso che venissero alla luce. Sa cosa ancora non mi dà pace? Di averla fatta allontanare. Perché se ci siamo distaccati è colpa mia. Non ho fatto abbastanza per non perderla, e mi porterò questo rimpianto finché vivrò…»
«Esclude la possibilità che possiate ritrovarvi?»
Angelillo fece una smorfia. Che bella favola, eh, se di colpo Estrella fosse ricomparsa, e ripreso il sodalizio col marito! Da mandare in brodo di giuggiole l’opinione pubblica internazionale. Solo che era impossibile. Estrella era morta, mortissima, e l’aveva fatta fuori quel marito così dolce nel ricordarla e nel rimpiangerla.
«Magari! Sarebbe un miracolo!»
«Seeeeee.» commentò sarcastico Pasotti.
«Molti suoi detrattori sostengono, professore, che la signora Estrella non fosse la persona complessa ma splendida che ci ha appena tratteggiato, ma l’incubo della sua vita, una arpia che la tiranneggiava umanamente ed economicamente. Per questo se ne sarebbe sbarazzato con un delitto perfetto…E dire che lei non ama la narrativa poliziesca»
Angelillo trovava disgustosa quella notazione argutamente benevola. Che Piras aveva condito descrivendo la reazione amara e pensierosa di Soria.
«Già. Rispetto a tal punto la vita umana, pur nella sua indiscutibile imperfezione, che detesto si scrivano e più ancora si leggano storie incentrate su omicidi»
«Mi perdoni: e allora il ciclo di Maldonado del suo compianto amico Malsera? È stato proprio lei a caldeggiarne la pubblicazione…»
«Già!» commentò Pasotti.« Vediamo come te la cavi adesso!»
«Vede, caro Piras, Maldonado è un caso a parte. Quando Malsera mi ha sottoposto la prima storia, ho accettato di dagli un’occhiata per gioco. Sa com’era fatto Mirco, estroverso, vulcanico.Mi ha detto: vogliamo scommettere che posso rivaleggiare con te come scrittore? Mentre tu non riuscirai mai a bucare lo schermo?»
«E poi?»
«E poi ho incontrato Maldonado, che fa perdere alle indagini la natura di ricerca sulla verità. Che non si considera un investigatore ma un opinabile interprete dei fatti»
«In effetti un personaggio del genere, conoscendo la sua concezione artistica, difficilmente avrebbe potuto non piacerle. Diciamo che se le storie di Maldonado non fossero raccontate in quella lingua così elementare, sciattamente cronachistica, avrebbe potuto scriverle lei …»
«Dica pure che molti commentatori, nonché i miei accusatori, il dottor Zambon e il Commissario Angelillo, sostengono che le hoscritte io, e Malsera sarebbe stato un solo un prestanome… Sul presupposto che Malsera non avrebbe avuto la capacità e la cultura per concepire un personaggio così scomplesso come Ángel Maldonado, nè la conoscenza della Buenos Aires degli anni ottanta in cui lo scienziato cieco agisce»
Angelillo era curioso di vedere come Soria avrebbe superato l’ostacolo.
«Già, professore. Questo è il nodo della questione…»
Piras, a questo punto, descriveva un Soria d’ improvviso veemente.
«Ma voi, soprattutto i suoi connazionali, siete sicuri di aver conosciuto bene Malsera? Non vi sfiora il dubbio che esser lui stato un esponente di successo della televisione popolare abbia condizionato il vostro giudizio? Che lo stiate sottovalutando, persino più da morto che da vivo? Io sono diventato suo amico, e vi posso assicurare che era una persona tutt’altro che banale, capace di sorprendere per originalità.»
«A chi vuoi darla a bere, signor Premio Nobel?» commentò caustico Pasotti. Angelillo, invece, incominciava a provare una fastidiosa inquietudine.
«Le rivelerò un particolare, caro Piras. Neanche Malsera amava la narrativa gialla: il delitto misterioso, l’investigatore infallibile, lo scioglimento logico della vicenda… Sosteneva che non c’era nulla di più innaturale. Così ne ha scritto la demolizione.»
«Deve aver provato invidia, professore»
«Confesso di sì. Ma ho anche intravisto le potenzialità del lavoro di Mirco. Solo, c’ erano due problemi»
Angelillo e Pasotti erano col fiato sospeso.
«Il primo era lo stile narrativo. Mirco si limitava a esporre la vicenda, lasciando molto spazio ai dialoghi, un po’ a botta e risposta, tra Ángel Maldonado e gli altri personaggi. Gliene ho chiesto conto, e lui mi ha risposto con una battuta secca da talk-show: Maldonado è uno scienziato, le sue indagini sono sintetiche come una formula matematica. Rimaneva il problema se le avventure di Maldonado, in quella forma di cronache un po’ rudimentali, potessero imporsi sul mercato, già saturo, della narrativa poliziesca. Mai avuto dubbi: sì, per il loro contenuto in controtendenza. E la scrittura disadorna e sbrigativa avrebbe rafforzato l’intento “antiletterario”.»
Angelillo era ammirato dell’intelligenza del Premio Nobel. Mai quel riconoscimento era stato assegnato con altrettanto merito. Sia Estrella che Malsera erano – parliamoci chiaro – incontri infelici nella sua vita, anche la prima, visto che le qualità di Soria sarebbero emerse anche senza la grintosa moglie manager, e non parliamo del secondo, un simpatico e furbastro “anchor man” in declino, che, c’era da scommetterci, l’aveva avvicinato per ricavarne vantaggi, ma il modo con cui lo scrittore argentino s’era liberato di entrambi gl’ingombranti parassiti era geniale.
«E il secondo problema?»
«Malsera conosceva di fama Borges e la sua leggendaria cecità, per cui non c’erano dubbi che si fosse ispirato alla sua figura. Ma, conoscendo solo superficialmente la Buenos Aires dell’epoca di Maldonado, era andato troppo per il sottile nell’ambientazione, riempiendo la storia di inesattezze.»
«Grandissimo figlio di puttana» sbottò Pasotti. «Professore, non starà dicendo che ha messo le mani nei romanzi di Malsera!»
Lo stupore di Piras era retorico. Di certo aveva concordato con Soria quel passaggio, giornalisticamente ghiottissimo.
«No. Ho spiegato a Mirco il problema e gli ho fornito alcuni manuali turistici, si trovano nella sua libreria anche se nessuno ci ha fatto caso, sulla Buenos Aires del tempo. Ha sbuffato, non prendendola benissimo, ma ha avuto l’intelligenza di capire, applicandosi al lavoro di ripulitura. Anche se di certo qualcosa gli è sfuggito: consiglio a tal proposito di chiedere alla casa editrice.»
Tocco diabolico, doveva ammettere Angelillo. Prevedendo le polemiche sull’attribuzione dei romanzi di Maldonado, Soria aveva inserito qua e là, nelle storie dello scienziato cieco che Malsera poi firmava, qualche dettaglio storico-ambientale impreciso. Gli editor della casa editrice avrebbe potuto confermare di averli sistemati. Nessun problema per Soria a mettere tra i libri di Malsera, dopo averlo ucciso, i testi sulla Buenos Aires anni 80 di cui aveva parlato. Angelillo non se la sentiva nemmeno di escludere che Soria scrivesse lui stesso in quell’italiano piatto e cronachistico i romanzi di Maldonado, e Malsera non facesse così neppure la fatica di tradurli dallo spagnolo. Lo scrittore argentino aveva il talento per poterselo permettere. Scritte in prima persona o tradotte che fossero, la sostanza non cambiava. Quelle storie erano lontanissime dallo stile di Soria, e attribuibili a un poco raffinato conduttore televisivo prestato alla letteratura.
«Bene, professore, Fin qui è stato esaustivo e, per quel che mi riguarda, convincente. Ma rimane il mistero di quella lettera trovata vicino al cadavere del suo amico»
Piras a questo punto si prendeva una pausa per descrivere l’aspetto del suo interlocutore. Era nell’aria una svolta, ed lui voleva centellinarla a dovere. Nella sua prosa forbita Soria appariva inquieto e combattuto..
Pasotti era insofferente, Angelillo si sentiva sprofondare la terra sotto i piedi.
«Caro Piras, voglio essere onesto con lei e i suoi lettori. Negli ultimi tempi tra me e il povero Mirco s’ erano create tensioni. Non vorrei parlarne, per rispettare la memoria del mio amico, ma mi ci trovo costretto»
«Dica pure, professore. Registrerò quello che dice col distacco critico che contraddistingue la linea del giornale.»
«Mirco era pieno di qualità, come ho già spiegato, ma con un difetto, dovuto al carattere e all’esperienza professionale. Nonostante fosse divenuto un autore poliziesco di spicco, è rimasto dentro di sé un uomo del piccolo schermo, con tutto l’egocentrismo che questo comporta. Sappiamo come sono i protagonisti dello spettacolo. Vogliono, devonoanzi, primeggiare. Senza questa ambizione non avrebbero possibilità di affermarsi. Anche noi scrittori siamo competitivi, ma nel mondo della tv vige un naturale cannibalismo, una sorta di barbarica selezione naturale.»
«Banalità» commentò, acre, Pasotti.
“Vorrei che avessi ragione, Pasò…” pensava Angelillo
«Questa premessa, professore, per dire che…»
«Per dire che, purtroppo, Mirco è entrato in una spirale d’insoddisfazione, che ha gravemente compromesso il suo umore.»
«La mancanza del successo televisivo l’ha mandato in depressione?»
«Tutt’altro. Si sentiva ancora un conduttore di punta. Sapesse come parlava di quelli che andavano per la maggiore! Li demoliva tutti, spesso con piena ragione.»
«Ma lui era Mirco Malsera, il padre di Ángel Maldonado! Aveva di che consolarsi!»
«Ne è sicuro? »
Piras definiva grave e fatidica l’espressione di Soria.
«Malsera aveva davanti qualcuno che, mutatis mutandis, rappresentava ai suoi occhi il re dei conduttori televisivi, quindi l’incarnazione del suo fallimento»
«Porca puttana!» sacramentò Pasotti.
Angelillo provò un senso di vertigine. Soria stava per compiere un vero e proprio salto mortale. Triplo ma eseguito alla perfezione.
«Credo che l’incontro tra me e Mirco, nonostante abbia fatto la fortuna della letteratura poliziesca, sia stato una disgrazia, come l’allontanamento di Estrella. Tuttavia, mentre avrei potuto, e dovuto, evitare di perdere mia moglie, nel caso di Mirco mi vengono in mente solo i rimedi, assurdi, del senno di poi. Non diventare suo amico. Diventatolo, non accettare il gioco di valutarne le capacità letterarie. Accettatolo, non innamorarmi del suo Ángel Maldonado.»
«Prosegua, professore»
«Negli ultimi tempi Mirco era inacidito e insoddisfatto. Il ruolo di autore dalle vendite lusinghiere ma privo di qualità letteraria gli stava stretto. Avevo un bel dirgli che i romanzi di Maldonado erano una pietra miliare nel panorama dell’editoria. Riusciva sempre a mettermi con le spalle al muro. Maldonado sarà stato il caso letterario dell’ultimo decennio, ma lui rimaneva uno scrittore di serie b. Uno che, passato il momento favorevole, sarebbe scivolato nel dimenticatoio. Con un certo turbamento, mi sono accorto che Mirco stava trasferendo all’attività letteraria la sua enorme frustrazione, e l’oggetto del suo astio ero diventato io. Io che avevo raggiunto i vertici nella letteratura, ed avevo trascinato lui in un’avventura che stava rivelandosi altrettanto insoddisfacente di quella televisiva. So che è un giudizio di un pessimismo arbitrario e nichilistico, ma lei deve sempre considerare quel che io, con colpevole miopia, non sono riuscito a cogliere: Mirco aveva bisogno di emergere al massimo livello come dell’aria per respirare. Da uomo di televisione, avrebbe voluto essere il numero uno degli “anhcor man”. Da scrittore, a stento gli sarebbe bastato il Nobel. In una delle nostre ultime discussioni, mi ha lanciato un’accusa folle quanto rivelatrice: di essermi offerto come sponsor de La lungimiranza del ciecoperché sapevo, per i limiti della sua scrittura, che non avrei potuto fargli ombra. Ma oramai era impossibile ragionare con lui. Credo che mi considerasse la ragione di tutti i suoi mali.».
Nell’intervista, Piras lo imbeccava con uno stringato: «… e dunque? », che alimentava l’attesa.
«E dunque, per uno di quei paradossi che rendono bellissima e terribile la vita, Mirco è riuscito nell’intento vagheggiato da qualsiasi scrittore: far della propria morte un capolavoro letterario. Uccidendosi e facendo passare il suicidio come omicidio commesso da me»
«Ma che cazzo dice??» esclamò Pasotti.
17)
La notizia rimbalzò su tutti i mass media alla velocità della luce. Prima sui giornali on line, poi sui telegiornali. Il giorno dopo i quotidiani la riportavano in prima pagina.
I titoli si assomigliavano:
“XAVIER SORIA: -MALSERA SI È UCCISO FACENDO CREDERE CHE L’AVREI AMMAZZATO PER SFUGGIRE AL RICATTO-”.
“SVOLTA NEL CASO MALSERA/SORIA. SECONDO IL PREMIO NOBEL LO SCRITTORE ITALIANO SI SAREBBE SUICIDATO PER ROVINARLO.”
“UNA SENSAZIONALE FAIDA LETTERARIA DIETRO LA FINE DI MALSERA.”
“MOVENTE INCREDIBILE NEL SUICIDIO DI MALSERA: IL CREATORE DI MALDONADO VOLEVA FAR CONDANNARE COME OMICIDA Il SUO MENTORE ARGENTINO.”
E via di questo passo.
Angelillo non si dava pace. Anche Pasotti era dispiaciutissimo dalla piega che avevano preso gli avvenimenti. Tuttavia bisognava guardare in faccia la realtà ed ammettere che le ultime dichiarazioni di Soria avevano fatto diventare vera la definizione paradossale coniata dal suo capo per il caso Malsera.
Finora, per la labilità del castello accusatorio a suo carico, nessuno aveva osato spiccare un avviso di garanzia nei confronti dello scrittore argentino, ma adesso Soria aveva fornito un’interpretazione che sembrava calzare al caso come un guanto. La morte di Mirco Malsera assumeva i connotati di un rebus inestricabile con i normali metodi d’indagine. Era il modello perfetto, concreto, non letterario, del degrado della veritàteorizzata da Ángel Maldonado.
Prima di ingoiare l’amaro calice della sconfitta, con le prevedibili reprimende dei superiori e gli impietosi attacchi della stampa, ad Angelillo rimaneva da fare una cosa.
18)
«Se dovessi dire che non aspettavo la sua visita» disse Soria, di umore assai più disteso rispetto ai loro precedenti incontri «mentirei, Commissario.»
«Vice.»
«Credo di interpretare i suoi desideri invitandola a trasferirci sulla terrazza. Prego, mi segua.»
Quando sbucarono all’aperto, dovettero stringere le palpebre per l’intensità della luce meridiana. L’aria era arroventata anche sotto l’ombrellone. Le acque, piatte, erano completamente sgombre.
«Sappia che non mi arrenderò mai al suo principio d’insolubilità.» esordì Angelillo.
«No è mio» rispose Soria «Di Mirco Malsera. Anzi: di Ángel Maldonado»
«Non fa differenza. Io credo che la giustizia possa raggiungere la verità. Basta solo che chi la incarna abbia la fiducia e la perseveranza di non mollare»
«No lo dubito» Soria ostentava una cortese magnanimità. Angelillo ne era irritato.
«Invece sì! Di più: pensa di essere la prova del fallimento della giustizia. Già una volta è riuscito a sfuggirle, e pensa di potersi ripetere. Ma glielo impedirò.»
Soria si rabbuiò un poco. «Più che una minacia sembra un iuramento. Sulla Bibbia, magari. Sa chi considerava una culpa la simplice imputacione? »
«No e non mi interessa»
«Glielo dico io: la Santa Inquisicione. Lei rischia di diventare un periguloso Torquemada, Commissario»
«Vice. Comunque è vero: per lei sono un pericolo. Sa perché? La buonanima di Malsera ha aperto la strada. Lei è diabolico ma si può metterla in scacco. Le assicuro che la mia determinazione sarà molto superiore a quella della sua seconda vittima» concluse, avviandosi all’uscita.
Dopo qualche passo si volse: «Si costituisca»
Soria fece una pausa. «Vedo che da imitadore de Maigret lo é diventato di Ángel Maldonado…Le risponderò con la frase preferida del personajo: “Se non si può scoprire il colpevole, allora chiunque è innocente”
Angelillo fece una smorfia di contrarietà. Per contrappasso al buio profondo calato sul suo umore, sulla terrazza, davanti a lui, il sole a picco aveva trasformato il lago in un’accecante specchio di luce.