"La rabbia nel sangue" di Elisabetta Miari (parte terza)


la rabbia nel sangue

 

Milano, gennaio 2014

Meglio una spiacevole verità che una pietosa bugia.

Carlotta chiamò  subito la sua amica del cuore e le raccontò tutto, vergognandosi come un cane per la sua stupidità.

– Sono un’idiota, come ho potuto fidarmi di uno così? Per incidere un cazzo di CD la mia vita ora è rovinata!

Elisa era la sua amica più cara dai tempi del liceo. A lei Alessandro non era mai piaciuto, e quando lui cercò di contattarla, di metterla in mezzo in un  litigio, lei lo bloccò con forza, avvertendo un pericolo anche per il loro rapporto d’amicizia. Lui non perdonò mai alla sua amica di averlo trattato come un “nessuno qualunque”, non ci era abituato, si sentiva qualcuno, e pensava che chiunque fosse degnato del suo contatto, dovesse esserne grato.

In quell’occasione Elisa gli diede una bella lezione di vita, che lui non imparò, accecato com’era dal suo ego.

-Ma non ti aveva detto che gli avevano fatto tutti gli esami l’anno scorso quando è stato operato d’urgenza?Era scontato che la sua amica le ponesse questa domanda, se lo aspettava.

– Ha ritrattato tutto. Il suo dottore gli ha detto che oggi come oggi, per via della privacy, non fanno più esami del genere di routine,  senza fare firmare consensi. Preferiscono adottare sempre tutte le precauzioni del caso  per prevenire un eventuale contagio. Non le hai mai fatte insomma, uno come lui, che si è scopato il mondo,  non le ha mai fatte. Ti rendi conto?

Elisa era sempre più allibita.

-E’ pazzesco, ma se sei l’unica a saperlo, quindi potrebbero esserci tante donne ignare che stanno infettando altri uomini che a loro volta contageranno altre donne?

– Sì.

Rispose Carlotta, pensando più che altro a se stessa in quel momento. Almeno il problema di avere contagiato  qualcuno per lei non sussisteva: era troppo spaventata dalla gelosia del pazzo per aver un qualsiasi rapporto. Questo però non mitigava l’angoscia che le generava il pensiero della sua futura vita da sieropositiva, conseguenza di   un solo sbaglio commesso,  quello di fidarsi delle parole di Alessandro. Manco avesse fatto chissà cosa, ucciso o rubato. Era stata ambiziosa, quello sì.

– Devo fare subito il test Elisa.  Che vergogna chiedere al medico queste analisi…

Elisa capì che l’amica era sul punto di scoppiare in lacrime e le andò in soccorso rincuorandola

– Tesoro non devi andare dal medico. Esistono strutture a Milano dove puoi fare il test senza impegnativa e gratis. E se non vuoi aspettare qualche giorno per il responso delle analisi del sangue, possiamo andare alla LILA, la Lega Italiana per la Lotta contro l’AIDS, lì ti fanno il test rapido con la saliva. L’unico problema è che perché sia affidabile devono passare i novanta giorni del periodo finestra.

– Farò quello del sangue, non sono passati ancora 90 giorni. Ma cosa lo faccio a fare Elisa? E’ ovvio che sono sieropositiva, per un anno abbiamo avuto rapporti non protetti e usavo la pillola. Per non parlare dei rapporti orali.

–  Ma non vi siete visti molto, che ne sai? Andiamo domattina, vengo con te.

– Grazie amica, grazie di cuore, non avessi te sarei disperata.

Era disperata lo stesso in realtà, ma terminò la conversazione così, con quella gratitudine che si può provare solo nei confronti degli amici veri.

 

Non fu facile per Carlotta andare il qual posto, anche se accompagnata dall’amica, e fu  ancora meno facile aspettare quattro giorni e quattro notti un risultato che sapeva essere quasi certo.

 

Nella sala del Centro per le  Malattie Sessualmente Trasmesse del Policlinico di Milano, oltre ad omosessuali spaventati che si facevano coraggio, c’erano anche uomini e donne sulla di tutte le età, che vestivano tutti la stssa espressione spaventata.

L’attesa non fu lunga, ma quando chiamarono il suo numero, Carlotta si sentì mancare. Si avviò da sola nella stanza  anonima, dove vi erano un medico dietro una scrivania e un’infermiera vicino alla poltrone dei prelievi.

Ma cosa ci faceva una brava persona come lei in quel posto? Quando il medico le chiese il perché di questo test, si sentì in dovere di raccontare tutta la storia per filo e per segno, specificando che era stata ingannata e non incosciente.

Il dottore fu gentile e l’infermiera perfino tenera e Carlotta si calmò un po’. In dieci minuti fu fuori.

Nei giorni che seguirono, benché si fosse riproposta di non farlo, non poté fare a meno di andare su internet e convincersi che era spacciata.

Il martedì mattina, tremando come una foglia e stritolando in una morsa di tensione la mano minuta di Elisa, si presentò con il foglio per ritirare le analisi.

Si aspettava le consegnassero il referto e invece le dissero che doveva parlare con il dottore. Le gambe l’abbandonarono e si sedette in preda allo sconforto ad aspettare il suo turno mentre recitava con l’amica litanie piagnucolanti di “mea culpa” tardivi.

Arrivato il suo turno, sorretta dall’amica molto più piccola di lei, entrò nell’ambulatorio.

Il medico vedendola vicino allo svenimento si affrettò a dire :

– Sono negativi tutti e due gli esami, HIV e sifilide.»

Carlotta lo guardò con gli occhi socchiusi, la mente annebbiata dalla paura e balbettò come un’idota:

– Negativi in che senso?

Negativo in fondo non aveva un significato positivo e quindi forse si era presa anche la sifilide.

– Nel senso che no ha niente, è sana!

Esclamò il giovane dottore del Policlinico davanti a lei.

– Non ho niente? Ma Dottore, non sono ancora passati novanta giorni dall’ultimo rapporto…

Il dottore sorrise e continuò quello che aveva intenzione di dirle dall’inizio, se solo lei non lo avesse interrotto.

– Questo è un test di quarta generazione, ha una sicurezza che garantisce fino a un mese prima dall’ultimo rapporto.

Carlotta stentava a capire, ma il sorriso aperto dell’amica le venne incontro.

All’improvviso, una cosa simile alla consapevolezza illogica di averla scampata, si fece largo nella sua testa.

– Davvero?

Disse incredula

– Certo, vada serena, non ha niente.

MIO DIO TI RINGRAZIO

Questo era l’unico pensiero che girava nella mente di Carlotta fuori dall’ospedale.

 

La città, uscite di lì, era molto più bella di prima, La gente, la vita stessa aveva un altro sapore, inutile negarlo.

I giorni che seguirono furono stipati di pensieri di gratitudine, ma poi, una riflessione, si fece largo: ma se io sono l’unica  a saperlo, tutte le altre donne sono in pericolo ora…

Pensò e ripensò sul da farsi. Decise di scrivere ad Alessandro  per dirgli che era negativa, ma soprattutto per chiedergli spiegazioni su come intendeva procedere con la lunga catena informativa delle donne che avevano avuto rapporti con lui.

Alessandro la chiamò subito,  era felicissimo di non averla contagiata, o almeno così sembrava. Allo stesso modo, aveva trovato il modo di far fare il test anche alla compagna che era risultata negativa a sua volta.

Aveva dovuto dire una menzogna per farglielo fare, che lei da brava oca, aveva creduto. Le aveva detto che la nuova “policy” della sua emittente era quella di far fare le analisi, incluso HIV, a tutti i dipendenti, per questioni assicurative. Allo stesso modo, dovevano essere sicuri che anche i familiari non avessero virus e potessero contagiarli.

Anche stavolta l’aveva fatta franca, la compagna ignara comunque era salva. Ma questo non era un fatto eccezionale, a detta sua erano anni che in pratica non avevano rapporti fisici.

Aggiunse  anche che i medici gli avevano detto che la sua era una carica virale molto bassa e che lo stavano curando per portarla nel prossimo anno vicino allo zero.

Carlotta non sapeva quanto ci fosse di vero in quello che il bugiardo cronico le stava dicendo, di certo la volontà di non comunicarlo ad altre era l’unica cosa sicura.

Ripensò all’attrice, Monica  De Bellis, e ai frequenti rapporti anali che avevano avuto e non poté fare a meno di insistere.

– Almeno a lei devi dirlo, è quella più a rischio!

Il tono di Alessandro era un po’ alterato quando rispose:

– Per me quella troia e il suo fidanzato notaio possono crepare di AIDS. L’ho cercata per parlarle e non mi ha risposto, mi ha detto di non romperle il cazzo. Quella se è negativa mi sputtana nell’ambiente e io non posso correre questo rischio.

Carlotta era allucinata dal suo egoismo, dal suo senso etico inesistente e dalle ciniche considerazioni che avevano la meglio su tutto il resto. Avrebbe voluto gridargli di tutto, ma era tempo perso.

Doveva pensarci lei, era un lavoro sporco ma doveva essere fatto da qualcuno. Ma come fare? E’ vero che lei aveva da perderci solo la carriera, ma Alessandro le faceva paura, un senso di pericolo molto indefinito, ma presente. Accarezzò per un attimo il pensiero di lasciare perdere e di farsi i fatti suoi, ma non poté sopportarlo.


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