"L'ultima marea" di Fabio Mundadori


Racconto tratto dall’antologia “Macerie” edizioni Les Flaneurs, il cui ricavato sarà devoluto alle popolazioni colpite dal terremoto nel centro Italia.

Alle vittime del terremoto dell’11 Marzo 2011
Io sono Takumi. Takumi Miura. Ringrazio gli Dei per avermi salvato, per avermi permesso di venire qui.
Ma da solo, senza la dolce Tae al mio fianco. Lei ora è parte della terra. Inghiottita dalla terra. E con lei i nostri figli.
Ho udito le loro grida mentre l’asfalto dell’autostrada si apriva sotto l’auto che li portava da me.
Un’ultima magia di quella tecnologia che ci permette di sentire vicino anche coloro che sono a molte miglia da noi. Ma come insegna ogni fiaba, una magia ne cancella un’altra. Udire l’ultimo Ti amo dalla voce di colei che standomi accanto ha dato un senso a ogni giorno della mia vita, l’ho pagato con l’orrore di sentire la morte rotolare nei timpani e scivolare fino al cuore. Voi non potete saperlo, se mai l’avete provato: è come morire, ma senza la parziale ricompensa della pace che morendo viene concessa. Uno strazio che prosegue incessante per ogni minuto che ti resta da respirare l’aria di questa terra.
L’auto di Tae è come la mia. Quella che la pubblicità dice che “è come una calamita sull’asfalto”. Illusioni… presunzioni umane, ancora magie tecnologiche. L’avevo scelta perché pensavo potermi comprare la sicurezza. Che te ne fai di una calamita per qualcosa che ti si sbriciola sotto le gomme… Come può l’uomo addomesticare un pianeta e le energie che lo governano…
Certo.
Io lo so: la sicurezza non esiste.
Esiste solo un area di probabilità che un evento si verifichi o meno.
Non solo.
Va stabilito se quell’evento è davvero negativo. Che danno arrecherà.
E a chi.
Io lo so: lavoro a Fukushima.
Sono l’ingegnere capo della squadra che si occupa della sicurezza alla centrale nucleare.
E a Fukushima di sicuro non c’è più nulla.
Adesso sono qui, ho percorso l’autostrada che porta al mare e mi sono seduto sulla sabbia tiepida, ne posso sentire il calore affondando la mano nel suo manto morbido.
Sono qui e ora vedo. E voglio che vediate anche voi. Pochi minuti fa ho guardato il mare scomparire come se fosse risucchiato nel regno degli Oni. Ed è di là che sta tornando. Lo vedo. È come un solo muro d’acqua che si estende per miglia, guardatelo a quale folle velocità si avvicina…
Ne avete forse paura? Io no. Io sono qui per questo. Tae, amore, arrivo.
Mi porterà da te l’ultima marea.
…bzzzzzzzzzz
– Impressionante, Hutch! Dove hai presto questa roba?
– Sì, Ray… impressionate è dir poco… l’ho recuperato nell’ultima immersione giù alla barriera corallina. Il DVD era dentro a una videocamera a tenuta stagna.
– 11 marzo 2011… è rimasta là sotto per più di novant’anni.
– Già, Beth. Non so che farne. Tu che dici?
– Potremmo portarla al Dipartimento di Storia dell’Università di Sidney: è quasi un reperto. Insomma… è una specie di messaggio nella bottiglia che viene dal passato!!!
– I giapponesi, che razza di gente. Scegliere di vivere sull’incrocio di quattro placche tettoniche! E costruirci case, fabbriche e centrali nucleari!
– E cosa sono le centrali nucleari?
– Ray, fratellino, sono qualcosa che ha sempre creato un sacco di problemi.
– Uh! Ma i giapponesi… come li hanno risolti?
-… risolti? No. Non risolti.
Il Giappone non esiste più.


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