"L'incendio" di Laura Bonelli


 

fornello

 

Tratto da Fornelli Metafisici (Graphofeel Edizioni)

Quando il signor Ernesto Dal Degan ritornò a casa, un venerdì sera, dopo una dura settimana di lavoro in ufficio e vide che la sua abitazione era in fiamme, la prima cosa che gli venne in mente fu un proverbio indiano che diceva che l’uomo, in realtà, possiede solo ciò che può salvare da un naufragio.
Questa riflessione lo tranquillizzò, ma non poté fare a meno di pensare con malinconia alla fiammeggiante fine che aveva fatto il suo amato divano, sul quale, già dall’uscita dell’ufficio, sognava di potersi sdraiare.
“Pensa, però” gli disse uno sconosciuto incontrato per caso, animato da uno strano impeto emotivo che lo rendeva convinto di essere, in quel preciso istante, una sorta di angelo della consolazione “potevi essere dentro alla tua casa, ed ora non staremmo qui a parlare”.
“Certo” pensò Ernesto “mentre bruciava la casa, sarebbe potuto venire un terremoto, che, dopo aver scosso il terreno per ore, avrebbe aperto una voragine tale da precipitarci tutti in un oceano nascosto nelle profondità della terra, abitato da enormi calamari assassini, pronti a divorarci vivi”.
Ma non espresse il suo pensiero e si limitò ad un semplice “grazie” mettendo sulla parola “grazie” un particolare accento, il cui sottotesto invitava l’angelo della consolazione ad allontanarsi da lui, e ad andare a porgere i suoi servigi altrove.
Ebbe un secondo momento di malinconia. Gli sarebbe mancato anche il suo scrittoio e ciò che su di esso stava adagiato: decine e decine di fogli sparsi con i pensieri e le riflessioni che maturava durante le lunghe passeggiate serali, atte a favorire la digestione della cena, sebbene frugale.
La cena, appunto. Le macerie fumanti della sua casa testimoniavano quanto fosse difficoltosa la preparazione adeguata di un pasto.
Quando le operazioni di spegnimento del fuoco furono terminate, il signor Dal Degan entrò nei resti della sua abitazione e fu attratto da uno strano pacchetto.
Aveva lasciato, prima di uscire di casa, delle fette di pane  in un cartoccio di stagnola, condite con alcune verdure tritate, sale e pepe, pronte per essere mangiate, al suo ritorno. Per una strana combinazione di eventi trovò il cartoccio intatto e ancora caldo. Lo aprì e mangiò  il pane che si era tostato durante l’incendio e che aveva preso un buon gusto di affumicato.
Mentre addentava il pane, meditò su fatto che in un naufragio non può essere salvato né un divano né uno scrittoio.
E, in un attimo, ogni malinconia scomparve.


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