“Rendez-vous” di Maria Masella


 

1° luglio

– E l’estate è arrivata. – Simone continua a ripeterselo salendo le scale. È preoccupata: il caldo accentuerà tutti i malanni del suo uomo. Lei, anche se molto più giovane, gli è non solo compagna ma anche madre.

Ora deve trovare, e presto, un rimedio per rendergli più tollerabili i giorni che verranno.

2 luglio

“Ho combattuto la mia battaglia, ho terminato la mia corsa…” Perché proprio oggi gli tornano in mente le parole della seconda lettera a Timoteo che tante volte ha sentito leggere dal padre?

Forse perché è così che M si sente: un cavallo che ha bruciato nell’ultima corsa la propria carica vitale.

Ciò che doveva fare l’ha fatto. Ormai ha davanti il declino, ma non è questo l’intollerabile.

Ha vinto.

Esattamente un mese fa ha eliminato i vecchi nemici pareggiando i conti. Ma proprio la vittoria si sta ritorcendo contro di lui: senza avversari diventerà presto inutile.

Mentre si allontana sempre di più la speranza di un’ultima battaglia, quella decisiva da cui uscire vittorioso per sempre.

2 luglio

R: – Le sue dimissioni, forse avremmo dovuto accettarle.

SJ: – Non possiamo tormentarci con i dubbi.

R: – Se fossero state accettate, sarebbe diventato una specie di martire e lo è già fin troppo.

SJ: – Tutto questo l’abbiamo già valutato allora, non per altro motivo sono state respinte. Nessuno di noi crede che lui posso in qualche modo servire ancora la Nazione.

R: – Non è lui la Nazione, anche se spesso sembra crederlo.

SJ: – Lasciamo le cose come stanno. Senza nemici da combattere, la sua stella declinerà. I tempi sono cambiati, altri sono gli uomini giusti per la Nazione.

2 luglio

M riceve i visitatori in una stanzetta adibita a studio. Sono cittadini e cittadine che chiedono aiuto, segnalano abusi, denunciano.

Riceve tutti, come ha sempre fatto, e prende appunti per il giornale. Preciso, come un automa.

Apre la porta all’ultimo visitatore che deve essere appena arrivato; poco prima non c’era. Il cuore gli salta in petto e M di nuovo sente il sapore del sangue che accompagna la battaglia.

L’ultima, la più importante. È cominciata come un gioco intellettuale e niente più. 

La battaglia a cui ha temuto di dover rinunciare per mancanza del braccio “giusto” che sferrasse il colpo.

Fa entrare il visitatore. Per deformazione professionale gli legge in viso la controllata contrazione di disgusto all’impatto dell’odore che impregna la stanzetta. Conosce bene certe reazioni: un tempo, lontano, è stato medico. Basta! Basta con i ricordi!

Così arriva subito al dunque: – Avete trovato?

– Sì, ho trovato.

– Pensavo che aveste rinunciato.

Il visitatore replica, brusco: – Era un incarico, mi è stato detto di cercare una persona con dei particolari requisiti. Mi è stato detto che era importante. Ho voluto essere ben sicuro della scelta. – Una pausa; quando riprende, la sua voce ha un sottile tono di compiacimento. – Non è stato facile, ma ho trovato la persona giusta.

– Parlatemene: non posso permettermi errori. Non possiamo permetterci errori. – Si è corretto rapidamente, ricordando i termini dell’incarico dato. – Non da me solo, ma da un gruppo di sinceri patrioti.

Ma il visitatore è tanto preso dal proprio successo da non accorgersi della frettolosa correzione. – È la persona giusta: ve lo garantisco. È una piccola provinciale decisa, idealista. Pronta a dare la vita per “difendere la libertà”.

M ha smesso di ascoltarlo. – È una donna? – lo interrompe, perplesso. Non aveva chiesto esplicitamente un uomo, ma lo riteneva ovvio…

L’altro annuisce.

– Una donna… Ne sarà capace?

– Sì. Come vi ho detto è decisa. Decisa a diventare una martire, una nuova Giuditta. Sarà un docile agnello da condurre al macello.

M sta rimuginando fra sé: una donna… un imprevisto… e se fosse meglio? – Parlatemene.

Quando il visitatore esce, un’ora più tardi, è ormai buio, ma l’aria è ancora irrespirabile per la calura.

Simone entra nella stanza, guarda M, il suo uomo. Sente che lui le sta nascondendo qualcosa, qualcosa di importante. Ne è gelosa: anche se lui ha molti anni più di lei e nessuna potrebbe ritenerlo bello o almeno piacevole. Soprattutto ora, con la malattia così evidente.

Ma Simone ne è anche felice, perché lo vede vivo di nuovo.

M la nota a fatica tanto è preso dalla donna che il visitatore gli ha appena descritto. Si ripete le disposizioni che ha dato, dovrebbe essere tutto in ordine.

Con stizza si volge a Simone che è rimasta in silenzio. – Che cosa c’è?

– Ho pensato che questo… – si interrompe come se non trovasse le parole, si avvicina alla porta, la apre, fa entrare due uomini robusti che sorreggono un carico voluminoso e fa loro segno di posarlo in un angolo; li congeda con un cenno del capo. E continua senza guardare il suo uomo negli occhi: – Dovrebbe essere di aiuto per combattere il caldo.

11 luglio

Il visitatore è di ritorno.

M chiede se lei è arrivata.

– Sì. È in città. Crede di aver agito da sola, ma avevo provveduto a spianarle la strada.

– Dove posso trovarla?

Ma il visitatore ha il suo discorso da continuare: – È già qui. Ho manovrato così che ottenesse una lettera di presentazione, come lasciapassare. Tutto secondo istruzioni. In più ho viaggiato con lei: è una molla pronta a scattare.

– Sospetta qualcosa?

Il visitatore scoppia in una risata. – Quella? Sospettare? Ma se quella crede di aver fatto tutto da sola. Vi basterà indirizzarle la mano e lei sferrerà il colpo fatale.

– Bene. – Raccoglie le idee ancora una volta, non può permettersi errori. E poi chiede dove potrà trovarla.

– Fate attenzione, cittadino. Odia anche voi, non soltanto gli altri ed è pericolosa come possono esserlo certe femmine.

– Non dimenticare con chi stai parlando. – Scoppia in una risata. – Sai bene contro quali nemici ho combattuto e vinto, in tutti questi anni. Dimmi dove posso trovarla, poi vai e dimentica.

Ora M è solo, con un nome e un indirizzo. 

Un futuro che solo lui conosce.

L’altro, il visitatore, forse non dimenticherà l’incarico che gli è stato affidato, ma di certo non ne parlerà con nessuno, mai. Non è un pazzo: se qualcuno sapesse, per lui, per il suo collo sarebbe la fine.

E ora c’è solo da aspettare.

Ma è un’attesa ben diversa da prima.

Lei: chissà come è! Certo, è curioso di conoscerla. Ma vederla troppo presto rischierebbe di rovinare un piano perfetto.

Però deve vederla, presto, capire se avrà l’audacia. Perché se nel momento fatale non riuscisse… Ha quel nome e l’indirizzo scolpiti in mente, impressi a fuoco.

Un fuoco che attenua il bruciore della sua pelle malata più di qualsiasi cura.

Nel tardo pomeriggio scivola fuori, approfittando dell’assenza di Simone che, gelosa da sempre e ora preoccupata per lui, si è messa a controllarlo. Vuole sapere dove va e con chi e perché. Assurdo per un uomo avvezzo a fughe avventurose, a nascondigli precari.

Così deve agire di nascosto da Simone.

Se lei scoprisse che lui si reca a conoscere una donna, sarebbe una scenata e, quel che è peggio, starebbe così in guardia da impedire la realizzazione del progetto. E, d’altra parte, non può dirle la verità, perché il “progetto” deve restare nascosto o perderebbe ogni valore, anzi sarebbe controproducente.

Arrivato a destinazione, la cerca da lontano, facendo affidamento sulla descrizione ricevuta.

Riesce a intravederla un attimo solo, mentre si affaccia ad aprire i vetri della finestra della camera in affitto.

Dunque, lei è così.

M ritorna verso casa. L’aria è così pesante e calda da sembrare una membrana densa e infuocata sulla pelle. Ma anche questo tormento finirà.

11 luglio

R: – È uscito. Di nascosto. O, almeno, cercando di passare inosservato.

SJ: – Non è stata una cattiva idea farlo sorvegliare. Con discrezione. Chi ha incontrato?

R: – Nessuno.

SJ lo guarda perplesso e ripete: – Nessuno?

R: – Chi lo sorveglia è stato chiaro. Il soggetto non ha incontrato nessuno. Ha fatto un lungo giro da casa sua a una via poco distante, un giro vizioso, molto più lungo del necessario. Per non incontrare nessuno. Come se volesse far perdere le proprie tracce.

SJ: – È possibile che si sia accorto di essere sorvegliato? E per questo non sia andato al suo appuntamento?

R: – Se non avesse niente da nascondere, non si nasconderebbe.

SJ: – E se fosse una questione privata? Una donna? La sua è molto gelosa e lui non è mai stato insensibile alle donne.

R: – Mi sembra assurdo, con tutto quanto sta accadendo, che perda tempo in simili sciocchezze.

SJ: – Per noi sono sciocchezze. Noi abbiamo dedicato la vita alla Nazione. Lui no, nonostante lo proclami a gran voce da anni. È, per i suoi costumi, un relitto dei vecchi tempi. Noi siamo gli uomini dei tempi nuovi.

R: – Lo farò seguire.

SJ: – Anche quella via sarà da tenere d’occhio.

R: – E scopriremo che ha un appuntamento con una donna.

SJ: – Ora occupiamoci di questioni serie. I problemi non sono finiti con l’eliminazione dei Girondini, quella che lui chiama “la mia vittoria”.

12 luglio, mattina

Simone si è accorta dell’uscita clandestina, ha cominciato a chiedere a M dove è stato e perché. La sua gelosia è sempre più opprimente.

Per M è stata una notte terribile. Ora è l’alba, ma il sole picchia già forte. Il caldo martizza la pelle, il corpo di M, ma sapere ciò che l’aspetta gli dà la forza e la serenità di sopportare, come da giorni non riusciva.

Anche questo tormenta Simone. Se il suo uomo è così calmo nonostante tutto, e lei sa che deve soffrire molto, vuol dire che è eccitato per qualcosa.

Se fosse una questione politica, lo vedrebbe scrivere, prendere appunti. È un giornalista, non solo un politico, e per chiarirsi le idee ha bisogno di foglio, penna e inchiostro.

Allora è una faccenda di donne. Allora è uscito per incontrare una donna. “Se gli impedirò di uscire, lei dovrà venire qui. E allora…” Simone, di sangue caldo, non ha bisogno di concludere. Sa bene cosa farà se metterà le mani sulla donna che vuole rubarle il suo uomo.

12 luglio, pomeriggio

M è impaziente. La malattia e Simone gli hanno impedito di uscire e di fare il suo dovere di cittadino. E soprattutto gli hanno impedito di recarsi nel luogo che ha scelto per l’ultimo atto della rappresentazione.

E forse lei è là ad attenderlo.

12 lugli, sera

C è venuta da lontano. Decisa, ben decisa. Così decisa che, come in sogno, ha superato ogni ostacolo.

Ha trovato chi le procurasse una lettera di presentazione per Lui.

Ha attraversato la Francia in rivolta e, come per miracolo, su indicazione di un viaggiatore, è riuscita ad affittare una camera decorosa.

Come se una mano divina spianasse ogni ostacolo sulla sua strada. Ciò che si è proposta è giusto: non c’è altra spiegazione.

Tutto questo l’ha creduto fino a poche ore prima. Ora, nella sua camera. Comincia a dubitare.

Lui non era dove lei era andata per incontrarlo. Allora l’ha cercato a casa. Ma una donna, forse bella per alcuni, ma sguaiata, volgare, certo la sua amante, e nel pensarlo C rabbrividisce, le ha sbarrato la strada, dicendo che M non riceveva. Allora C le ha porto il biglietto che si era già preparata per avvicinarlo.

Inutilmente. La donna aveva preso il biglietto, l’aveva esaminato, l’aveva infilato nel corpetto dell’abito. Ma non le aveva concesso di vederlo.

Ora C dubita.

12 luglio, tardo pomeriggio

M guarda Simone che ha il viso alterato. – Ti ho sentita gridare. Chi era?

– Niente, non era niente. – Ma volge il viso verso la parete.

– Ho sentito gridare.

C risponde con la voce alterata dalla collera: – Una postulante molto insistente.

– Perché non è entrata?

– Ha lasciato un biglietto.

M allunga una mano senza una parola. A Simone non resta che porgergli il pezzo di carta cincischiato. M lo allarga con cura sulla tavoletta sostenuta dai bordi della vasca. L’acua gli dà sollievo e la tavoletta è un comodo scrittoio. – Che cosa ti ha detto?

– Niente. Ha solo lasciato il biglietto.

– È una questione importante. Deve essere lasciata entrare. – Una pausa. – Se scoprirò che è stata fermata… – Non conclude a parole, ma alza e fa paura. È così che lui ha sempre guardato i propri nemici, anche i Girondini, mentre li giudicava colpevoli.

– Se tornerà, la lascerò entrare. – Una pausa. – Se ritornerà. Queste provinciali hanno sempre rivelazioni importanti, ma poi si tirano indietro. – Non aggiunge che sono tutte scuse per avvicinare uomini importanti, uomini potenti, ma è chiaro che lo pensa.

12 luglio, sera

SJ: – Anche oggi non si è presentato. Dicono che sia per la malattia. Sospetto che stia preparando qualcosa.

R: – Qualcosa? Ma è finito.

SJ: – Non è finito. Ha ancora qualche spicciolo di influenza da spendere.

R: – Sulla plebaglia.

SJ: – Ma la plebaglia ha il suo peso. E lui la blandisce in ogni modo. Con l’abbigliamento sciatto e la parola volgare.

R: – Ma il suo astro sta tramontando. E potremo fare pulizia.

SJ: – E potremo fare pulizia. Soltanto chi non ha vizi potrà reggere il timone della Nazione. 

Si guardano: entrambi sono senza vizi e la loro unica ambizione è servire la Nazione.

Loro due sono gli uomini nuovi per i tempi nuovi.

13 luglio, le prime ore del mattino

Il sole si è appena levato su Parigi e già il caldo appiattisce ogni cosa.

M non ha chiuso occhio per tutta la notte. Forse per la calura, forse per la malattia che non gli dà tregua. Ma di certo per la paura che tutto il piano vada in fumo, che lei non venga, che Simone non la lasci entrare, che lei si perda di coraggio. Questa sarebbe l’eventualità peggiore, perché non gli lascerebbe il tempo di organizzare un altro piano, M lo sa.

È in piedi dall’alba, a torturarsi. Cerca di lavorare un po’. Il giornale deve pur uscire, anche se ormai ha perso molto del suo peso politico: M non se lo nasconde di certo.

È una voce, non la sola, non la più importante. Nuovi astri stanno sorgendo, il suo verrà presto offuscato.

Simone entra: è preoccupata. Da ieri l’umore del suo uomo è pessimo, ma non collerico; quello lo conosce bene e riesce a manovrarlo o, almeno, a sopportarlo.

No: lui passa dalla depressione all’esaltazione. Come se stesse per accader qualcosa di terribile. È medico, anzi lo è stato in un tempo lontano prima che la passione politica lo divorasse, forse sa che la sua fine è vicina…

Gli si avvicina, vorrebbe parlargli, aiutarlo, invece si limita a dire: – Ho preparato il bagno.

– Il bagno? – M sobbalza.

– Il bagno ti aiuterà a stare meglio.

– Certo, il bagno. – Mentre lo dice, qualcosa scatta dentro di lui. Un tempo, da giovane, ha scritto un romanzo, cosa di poco conto. Ora prova la medesima eccitante sensazione di comporre una storia, pezzo dopo pezzo. Di incastrare un particolare dopo l’altro.

Il bagno potrà essere uno splendido dettaglio.

Si spoglia e cala nella vasca il corpo piagato e arrossato. – Se verrà quella donna, quando verrà, lasciala entrare.

13 luglio, le prime ore del mattino

Neppure C ha trascorso una buona nottata. Sa di dover ritornare in quella casa, da Lui. Non ha paura, ma quella donna le ripugna. Le ripugna il modo allusivo, volgare con cui quella la guarda, come se la credesse una possibile rivale.

Per calmarsi si veste con cura. Come se dovesse recarsi a una cerimonia importante. Le mani le tremano. Questo le fa paura, che sul momento le mani le tremino come adesso.

Apre la Bibbia alla pagina che è stata la sua guida. E lì, dalla storia di Giuditta, attinge la forza necessaria per andare e fare quello che deve.

13 luglio, poco prima delle otto antimeridiane

Simone se la trova davanti all’improvviso.

– Gli avete consegnato il mio biglietto?

Simone la guarda e annuisce.

– Che cosa ha detto?

Simone replica: – Andatevene – cercando di parlare a bassa voce per non essere udita di là, nella stanzetta adibita a studio.

– È lui che non vuole ricevermi? È lui che mi dice di andare via?

– Andatevene! – Per la collera e la disperazione Simone ha alzato la voce senza accorgersene.

E, puntuale, arriva attraverso la porta socchiusa, la voce di M: – Che entri.

Simone è costretta ad arrendersi.

M si guarda attorno, per un’ultima volta. È tutto perfetto: nudo nel bagno, vittima sacrificale.

Quando C entra, M registra il disgusto sul suo viso, quel disgusto in cui ha sperato presentandosi così, quel disgusto che la renderà ancora più determinata. Non soltanto contro chi ha voluto la distruzione dei Girondini, ma contro l’uomo.

Recitano entrambi. 

Lei alza il coltello acquistato per pochi soldi e colpisce senza trovare resistenza.

È una recita di pochi minuti, ma entrerà nella storia.

Ognuno, martire, ha lavorato al proprio mausoleo.

Ognuno dei due è arrivato puntuale al proprio appuntamento: ore 8 antimeridiane del 13 luglio 1793.

Alle ore 8 antimeridiane del 13 luglio 1793 Carlotta Corday, venuta dalla provincia (Caen) pugnala Marat (ex scrittore, ex medico, politico e giornalista, accusatore principale dei Girondini che lui stesso ha eliminato dalla scena politica il 3 giugno 1793).

Lo pugnala a morte mentre lui è seduto nella vasca da bagno, per avere sollievo dalla malattia della pelle di cui soffre da anni.

Robespierre è fra i primi ad accorrere, ma non può far altro che constatare la morte del vecchio lottatore, del direttore del giornale rivoluzionario “l’amico del popolo”.

Marat è diventato un martire, gli saranno tributati onori eccezionali, un suo ritratto verrà commissionato a David, pittore illustre e giacobino.

Ma anche Carlotta Corday è diventata una martire.

Robespierre e Saint Just inizieranno la grande “pulizia”, ma anche per loro giungerà l’ora dell’ultimo appuntamento.

 

Nota dell’autore:

Nel maggio del 1989 Laura Grimaldi mi chiese un racconto per ricordare il centenario della Rivoluzione Francese. È stato pubblicato su Segretissimo Mondadori il 23/07/1989, n° 1128.

Sono appassionata di Storia Francese e di pittura. Il dipinto di David, La morte di Marat, è un’opera stupenda e mi ha dato l’idea per questa ipotesi sulla morte del vecchio rivoluzionario: se, ormai consapevole dell’imminente declino politico, avesse cercato lui stesso chi lo uccidesse e lo trasformasse in un “martire”? 


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